Politica

Pallottoliere Senato, 175 voti per il Conte bis. Con incognite

Non è un nodo che verrà affrontato nelle prossime ore. Ma una volta messo in carreggiata il governo – con il necessario ritorno di Giuseppe Conte al Quirinale che scioglierà la riserva e porterà con sè la lista dei ministri – quello dei numeri a Camera e soprattutto Senato sarà “il” nodo. Perchè senza ottenere la fiducia del Parlamento non si va da nessuna parte. Si dovrà, con ogni probabilità, aspettare la fine della prossima settimana o tutt’al più l’inizio della successiva perchè il “governo di novità” affronti il test del voto parlamentare per la fiducia. Ma già, delineata la maggioranza Pd-M5s, gli sherpa dei due partiti politici azionisti principali del nuovo esecutivo hanno iniziato a guardare il pallottoliere dei voti a Camera e Senato.

Dal secondo giro di consultazioni al Quirinale sono emersi gli orientamenti dei partiti rispetto al governo dei “giallorossi”: Leu chiede la svolta ma è disponibile ad appoggiarlo, lo stesso vale per i Gruppi per le Autonomie che, al massimo, spiegano gli esponenti a Palazzo Madama, potranno valutare un’astensione per i problemi avuti “con il Movimento cinquestelle sull’autonomia” ma certo non voteranno contro. Un “no” invece era stato pronunciato da Emma Bonino, leader di +Europa, ma oggi Bruno Tabacci, deputato eletto a Milano e presidente di +Europa, si è detto favorevole – provocando una spaccatura nel partito – e disposto non solo a votare la fiducia al governo Conte ma anche a lanciare un messaggio (per chi vuole intendere): Tabacci spera “nell’allargamento della base parlamentare che sarebbe saggio non limitare al bicolore M5S-Pd, ma aprire a tutte le culture democratiche ed europeiste, per dar vita ad una coalizione ampia”. Oggi la direzione di Più Europa deciderà il da farsi. A decidere sarà sempre oggi la direzione.

Mentre alla Camera la situazione è più tranquilla (ma i voti di distanza tra favorevoli e contrari alla fiducia saranno di meno) al Senato i conti si stanno facendo con molta attenzione. A Palazzo Madama, infatti, avendo i Cinquestelle 107 senatori e il Pd 51 – di cui una quarantina di fede ‘renziana’ -, i ‘giallorossi’ da soli si fermerebbero a quota 158, con tre senatori in meno rispetto a quelli che servono per raggiungere la maggioranza. Ma, senza considerare i sei senatori a vita, il calcolo che viene fatto dalle parti della nuova maggioranza si avvale, oltre ai voti di Pd e M5s, di quelli del Misto – Leu e la pattuglia degli ex Cinquestelle (Paola Nugnes, Gregorio De Falco, Saverio De Bonis, Carlo Martelli e Maurizio Buccarella), 10 voti in tutto senza contare Emma Bonino e i due rappresentanti del Maie – e di quelli delle Autonomie, esclusi i senatori a vita (Giorgio Napolitano, Mario Monti, Liliana Segre, Renzo Piano, Carlo Rubbia ed Elena Cattaneo).

I senatori a vita, vuoi per l’età vuoi per gli impegni internazionali, sono sempre una variabile ma non determinante come in altri governi. Conto totale che gira in ambienti Pd-M5s: 174-175 voti a favore. Già messi in conto i casi singoli. Il dissidente M5s Gianluigi Paragone, ad esempio, che ha annunciato che non voterà la fiducia al governo e il senatore del Pd Matteo Richetti. Non voteranno certamente la fiducia al nuovo governo la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Dentro le prime due forze, rappresentanti della destra sovranista in Italia, si guarda con qualche sospetto agli azzurri per il timore che in caso di necessità possa arrivare – magari sui singoli provvedimenti – un ‘soccorso azzurro’ al Conte bis. Insomma il nuovo esecutivo, considerando tutti questi fattori, potrebbe contare a Palazzo Madama su un’ampia maggioranza. Salve incognite.

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redazione