Paola Regeni: “Mio figlio non era spia ma ricercatore”. E l’Egitto ora segue nuove piste
IL GIALLO EGIZIANO La difesa: “Il 5 aprile arriveranno dall’Egitto investigatori di polizia, non ci aspettiamo che consegnino il colpevole, non ci aspettiamo l’ultima parola”
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Paola Regeni, la madre del giovane ricercatore ucciso in Egitto, in una conferenza stampa al Senato chiede ancora con più forza verità sulla morte di Giulio e confida il suo stato d’animo: “Ho pianto pochissimo, ho il blocco del pianto, ho sempre pianto tanto anche sentendo una canzone romantica, ho sempre pianto ai funerali di tutti, ho un blocco totale e forse mi sbloccherò quando saprò cosa è successo a mio figlio”. Di quello che è successo, ha aggiunto, “non me ne faccio una ragione perché non c’è nessuna ragione per quello che è successo. E’ una cosa assurda”. La mamma di Giulio spiega che suo figlio “era andato là per fare ricerca: non era un giornalista, non era una spia. Era un ragazzo contemporaneo che studiava e mi viene da dire del futuro, perché se non è stato capito nella sua apertura al mondo, allora forse è un ragazzo del futuro”.
Intanto proseguono le indagini. Dall’Egitto fanno sapere che “il pubblico ministero e l’apparato di sicurezza stanno allargando il cerchio dei possibili sospetti”. In ogni caso, continua il braccio di ferro tra Roma e Il Cairo per arrivare ad accertare la verità sulla terribile vicenda che ha coinvolto lo studente italiano, scomparso il 25 gennaio scorso e ritrovato morto il 3 febbraio in un fossato alla periferia della capitale egiziana.