Convocando un vertice di emergenza con i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo ‘per parlare della prevenzione di abusi su minori e adulti vulnerabili’, che si svolgerà in Vaticano dal 21 al 24 febbraio 2019, Papa Francesco certifica una crisi che ha assunto dimensioni globali, prende un’iniziativa che ribalta il tentativo dell’opposizione ecclesiale di metterlo all’angolo, mette a fuoco il problema di fondo del clericalismo, punta il dito sull’insabbiamento delle denunce da parte delle gerarchie, chiama gli episcopati nazionali a prendersi le proprie responsabilità di fronte ai fedeli e, con un’inversione di tendenza rispetto ai suoi predecessori che si iscrive nella sua agenda riformista, cerca una via d’uscita con la collaborazione collegiale dell’intera Chiesa cattolica.
“Il Santo Padre Francesco, sentito il Consiglio di Cardinali, ha deciso di convocare una riunione con i Presidenti delle Conferenze Episcopali della Chiesa Cattolica sul tema della ‘protezione dei minori'”, ha reso noto il consiglio dei nove cardinali che coadiuvano il Papa nella riforma della Curia e nel governo della Chiesa mondiale. Il vertice, ha detto più esplicitamente la vicedirettrice della sala stampa vaticana, Paloma García Ovejero, è stato convocato a febbraio 2019 ‘per parlare della prevenzione di abusi su minori e adulti vulnerabili’. La crisi della pedofilia è scoppiata una prima volta negli Stati Uniti, e più precisamente a Boston, nel 2001/2002, grazie ad uyn’inchiesta del Boston Glob, immortalata dal film premio Oscar ‘Spotlight’. La reazione vaticana, sotto Giovanni Paolo II, fu prudente. I vescovi degli Stati Uniti vennero convocati in Vaticano e invitati ad un approccio soft al problema, il cardinale di Boston Bernard Law fu fatto venire a Roma e nominato arciprete della basilica di Santa Maria Maggiore prima che la giustizia degli Stati Uniti lo incriminasse.
Con Benedetto XVI tornò a deflagrare lo scandalo nel 2009/2010, dapprima in Irlanda (dove alcune indagini governative scoperchiarono abusi diffusi) e Germania (in seguito alle denunce del direttore del liceo Canisius di Berlino, il gesuita Klaus Mertes), poi in numerosi altri paesi (Australia, Inghilterra, Malta, Olanda, Belgio, Francia…). Joseph Ratzinger – che appena eletto Papa ha tolto il velo sugli abusi seriali del fondatore dei Legionario di Cristo, il prete messicano Marcial Maciel – ha cambiato linea rispetto al predecessore, adottando una linea rigorosa, respingendo il tentativo di alcuni ambienti vaticani di criticare i mass media, approvando un giro di vite normativo e spingendo diversi vescovi alle dimissioni. Affidò la sua analisi del fenomeno ad una lettera ai cattolici irlandesi nella quale indicava nel frangente della rivoluzione sessuale l’origine del problema. Jorge Mario Bergoglio ha un approccio diverso. Il tema degli abusi è passato in secondo piano dall’agenda nei primi anni di un pontificato impegnato su molti altri fronti di una riforma vaticana ed ecclesiale.
Francesco ha impresso un ulteriore giro di vite legislativo, ha creato una commissione pontificia per la prevenzione della pedofilia, ha ricevuto a lungo alcune vittime. La questione della pedofilia è esplosa in Cile. Il Pontefice argentino ha dapprima ignorato le proteste dei fedeli nei confronti di un vescovo accusato di coprire gli abusi del sacerdote Fernando Karadima (condannato per pedofilia dal Vaticano nel 2011), mons. Juan Barros, poi, criticato dai suoi stessi collaboratori, ha cambiato idea. Ha invitato in Vaticano le vittime di Karadima, ha scritto ai fedeli cileni per chiedere scusa, ha convocato i vescovi cileni che, duramente ripresi, si sono dimessi in blocco. Lo scandalo degli abusi – in gran maggioranza avvenuti negli anni se non nei decenni passati – è tornato però ad accendersi nei vari angoli del mondo cattolico. Nel suo recente viaggio in Irlanda il Papa ha incontrato otto vittime ed è stato contestato da alcune associazioni. Negli Stati Uniti il gran giurì della Pennsylvania ha pubblicato uno studio con numeri impressionanti sugli abusi avvenuti negli ultimi 70 anni nelle diocesi dello Stato.
La procura di New York ha annunciato di aprire a sua volta un’inchiesta. E un ex nunzio apostolico negli Usa, mons. Carlo Maria Viganò, ha accusato numerosi vescovi, cardinali e Segretari di Stato, nonché tre Papi (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e lo stesso Francesco) di aver minimizzato o coperto le denunce di abusi sessuali (su minorenni e maggiorenni) nei confronti del cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington di tendenza progressista nonché a lungo a capo della danarosa Papal foundation. Un j’accuse che, accompagnata dalle richieste di dimissioni di Bergoglio (che pure è stato l’unico Pontefice ad aver sanzionato McCarrick strappandogli lo scorso luglio la berretta cardinalizia), mescolata ad una serie di malumori per l’approccio riformista del Papa (accusato tra l’altro di indulgenza nei confronti della causa gay) e rilanciato con insistenza da blog e testate, statunitensi e non solo, già apertamente schierate negli anni del pontificato contro Bergoglio (dalla comunione ai divorziati risposati al perdono delle donne che hanno abortito al divieto della pena di morte nel catechismo), ha subito polarizzato il tema tra amici e nemici di Bergoglio.
La questione degli abusi sessuali – al di là del dossier Viganò, per il quale la Santa Sede sta preparando una dettagliata smentita – si è comunque imposta sull’agenda del Papa. Giovedì i vertici della conferenza episcopale statunitense saranno ricevuti da Francesco per discutere del caso McCarrick, mentre l’arcivescovo di Wahington, Donald Wuerl, è atteso nei prossimi giorni per rassegnare le dimissioni in seguito alle rivelazioni contenute nel gran giurì della Pennsylvania, dove è stato vescovo in passato. La conferenza episcopale francese ha reso noto oggi che alla prossima assemblea permamente inviterà ed ascolterà alcune vittime di preti pedofili. In Germania la stampa ha anticipato uno studio commissionato dalla conferenza episcopale tedesca (sarà pubblicato integralmente all’assemblea di Fulda di fine mese) che ha registrato l’abuso di 3.677 minori dal 1946 al 2010. In Italia la conferenza episcopale ha incontrato ieri la pontificia commissione per la tutela dei minori, approfondendo, come ha riferito il portavoce, mons. Ivan Maffeis, ‘ascolto delle vittime, impegno di educazione, formazione e comunicazione, stesura di Linee guida e di norme per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili’.
Di fronte al montare della polemica, e alla richiesta di nuovi provvedimenti concreti (c’è ad esempio chi chiede di inserire nel diritto ecclesiale l’obbligo di denuncia alle autorità civili, chi domanda un tribunale vaticano ‘ad hoc’ per i vescovi insabbiatori, chi domanda una procedura più trasparente nel licenziamento dei presuli negligenti), Papa Francesco ha deciso di convocare i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo a febbraio in Vaticano. Una mossa talmente inattesa che la stessa sala stampa vaticana non ha fatto in tempo a stilare l’elenco completo degli episcopati nazionali. Soprattutto, una mossa che ha significati molteplici. Jorge Mario Bergoglio, innanzitutto, certifica che il problema degli abusi è mondiale (non è un problema degli Stati Uniti, come si diceva ai tempi di Wojtyla, né riguarda un singolo paese). E che mondiale, di conseguenza, deve essere la soluzione. Era quanto il Papa aveva già chiarito quando, subito dopo la pubblicazione del rapporto della Pennsylvania e prima del viaggio in Irlanda, aveva scritto una lettera sugli abusi a al ‘popolo di Dio’, ossia la Chiesa tutta.
Se qualcuno, negli ultimi tempi, ha tentato di cavalcare lo scandalo McCarrick per attaccare il Papa, inoltre, lui adesso contrattacca, prende l’iniziativa, non si fa dettare l’agenda ma la stabilisce. Mostra di aver recepito, inoltre, la richiesta, giunta da pià parti, di nuove iniziative concrete: è evidente che dalla riunione di febbraio non potranno uscire solo belle parole indignate, perché, come ha detto ai gesuiti irlandesi in un colloquio che viene pubblicato domani dalla Civiltà cattolica, ‘non basta voltare pagina, ma cercare rimedio, riparazione, tutto ciò che è necessario per guarire le ferite e ridare vita a tanta gente’, o, come ha detto appena giunto in Irlanda, ‘la Chiesa deve eliminare questo flagello ad ogni costo’, dunque anche a costo di conflitti interni. Papa Francesco, ancora, convocando i vescovi a capo degli episcopati nazionali implicitamente punta il dito contro la responsabilità che i superiori gerarchici di Santa Romana Chiesa hanno nei confronti del popolo di Dio.
Se il crimine è l’abuso, è il concetto, insabbiare, coprire, ignorare le denunce e le vittime, è altrettanto grave. Come aveva già detto più volte, e ribadito nella lettera al popolo di Dio, poi, convocare gli episcopati è un modo di mettere in luce che ogni abuso sessuale è anche un abuso di potere e di coscienza, ed è dunque la cultura del clericalismo che questo problema potrà essere definitivamente superato. Francesco è consapevole che il problema è vasto, profondo, e non si risolve in pochi giorni. Ma il vertice di febbraio ha anche il significato di un Papa che cerca una soluzione insieme a tutti i vescovi, il vicario di Cristo insieme ai successori degli apostoli, ognuno secondo le proprie responsabilità. Se si è arrivati a questo punto, insomma, nessuno può tirarsi indietro, sostenere di non avere responsabilità, lasciare il carico della soluzione nelle mani di altri, fosse anche il Pontefice. E’ lo stile di Jorge Mario Bergoglio. E, sostanzialmente, la sua riforma. askanews
Tornare al Concilio vaticano II, valorizzare la collegialità delle scelte e del governo, trovando una soluzione insieme, consapevoli che la Chiesa cattolica mondiale deve essere unita ma non può essere uniforme, abolendo un verticismo gerarchico e clericale che genera deresponsabilizzazione, distanza dai fedeli abusi. Francesco lo ha già sperimentato con il doppio sinodo sulla famiglia, con il prossimo sinodo sui giovani di ottobre e quello sull’Amazzonia dell’ottobre 2019, chiamando in Vaticano cardinali da tutto il mondo a coadiuvarlo nella riforma della Curia, internazionalizzando il Vaticano, promuovendo discussioni anche conflittuali tra le diverse anime della Chiesa sulla liturgia, la pastorale famigliare, la natura dell’eucaristia. Ora il banco di prova saranno gli abusi sessuali e gli abusi di potere. Chiama i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo, come un Pontefice fa quando convoca un sinodo straordinario, Jorge Mario Bergoglio ribalta un dramma in manifestazione di una riforma della Chiesa. Ska