Poi, dopo aver messo in guardia i cooperatori dal rischio di perseguire un beneficio fine a se stesso ripetendo che “il denaro e’ lo sterco del diavolo”, Francesco ha ammesso che anche per fare le cose buone pero’ “ci vuole denaro”. E questo, ha chiarito, “puo’ essere gestito nel modo giusto dalla cooperativa, se pero’ e’ una cooperativa autentica, vera, dove non comanda il capitale sugli uomini ma gli uomini sul capitale”. A livello operativo, l’invito di Bergoglio alle cooperative bianche e’ stato in particolare quello di “mettere al primo posto la fondazione di nuove imprese, insieme allo sviluppo ulteriore di quelle esistenti, in modo da creare soprattutto nuove possibilita’ di lavoro che oggi non ci sono”. Le iniziative, ha raccomandato, debbono essere rivolte in particolare “ai giovani, perche’ sappiamo che la disoccupazione giovanile, drammaticamente elevata, distrugge in loro la speranza”, ed “anche alle tante donne che hanno bisogno e volonta’ di inserirsi nel mondo del lavoro”. Il Papa ha invitato le cooperative rappresentate in Aula Nervi a “realizzare la conciliazione, o forse meglio l’armonizzazione tra lavoro e famiglia, e’ un compito che avete gia’ avviato e che dovete realizzare sempre di piu'”. “Fare questo – ha sottolineato – significa anche aiutare le donne a realizzarsi pienamente nella propria vocazione e nel mettere a frutto i propri talenti. Donne libere di essere sempre piu’ protagoniste, sia nelle imprese sia nelle famiglie!”.
Attenzione poi ci vuole anche per i capo famiglia disoccupati: “tu che sei ingegnere, quanti anni hai?”, chiedono a volte, ha detto il Pontefice. “E se quello risponde 49, lo mandano a casa”, ha rivelato. “Non trascuriamo gli adulti che spesso rimangono prematuramente senza lavoro”, ha chiesto infatti Francesco, elencando poi come destinatari dell’impegno delle 20 mila cooperative aderenti a Confcooperative, “oltre alle nuove imprese”, anche “le aziende che sono in difficolta’, a quelle che ai vecchi padroni conviene lasciar morire e che invece possono rivivere con le iniziative che voi chiamate ‘Workers buy out’ cioe’ ‘aziende salvate'”. “Globalizzare la solidarieta’ – ha spiegato – significa pensare all’aumento vertiginoso dei disoccupati, alle lacrime incessanti dei poveri, alla necessita’ di riprendere uno sviluppo che sia un vero progresso integrale della persona che ha bisogno certamente di reddito, ma non soltanto del reddito!”. “Pensiamo – ha elencato – ai bisogni della salute, che i sistemi di welfare tradizionale non riescono piu’ a soddisfare; alle esigenze pressanti della solidarieta’, ponendo di nuovo, al centro dell’economia mondiale, la dignita’ della persona umana”.