“La Turchia, per la sua storia, in ragione della sua posizione geografica e a motivo dell’importanza che riveste nella regione, ha una grande responsabilità. Le sue scelte e il suo esempio possiedono una speciale valenza e possono essere di notevole aiuto nel favorire un incontro di civiltà e nell’individuare vie praticabili di pace e di autentico progresso”. Papa Francesco trascorre ad Ankara il primo di tre giorni nel paese anatolico. Il viaggio è nato dal saldo rapporto con il patriarca ecumenico Bartolomeo, “primus inter pares” dell’Ortodossia. Sono entrambi riformatori, entrambi cercano di portare le loro Chiese oltre la mondanità, e passeranno la giornata di domani e quella di domenica insieme a Istanbul. Ma un viaggio in Turchia non può non iniziare da Ankara. E il Papa argentino ha cercato di trarre il massimo da una giornata densa di appuntamenti ufficiali, un po inamidata nell’etichetta, piuttosto lontana dalla sua sensibilità.
“Si registra la violazione delle più elementari leggi umanitarie nei confronti dei prigionieri e di interi gruppi etnici; si sono verificate e ancora avvengono gravi persecuzioni ai danni di gruppi minoritari, specialmente – ma non solo -, i cristiani e gli yazidi: centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e la loro patria per poter salvare la propria vita e rimanere fedeli al proprio credo”. Poi più drammatico: “Particolare preoccupazione desta il fatto che, soprattutto a causa di un gruppo estremista e fondamentalista, intere comunità, specialmente – ma non solo – i cristiani e gli yazidi, hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità etnica e religiosa. Sono stati cacciati con la forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro. In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace.
In Occidente dove crescono “le discriminazioni” e nel mondo musulmano dove crescono “l’odio le violenze”, è necessario “collaborare insieme tra le civiltà e le religioni”. Distanze che si affiancano ad altre “differenze”, “pregiudizi”, “falsi timori”, “incomprensioni” che possono esserci con la Turchia, afferma il Papa, ma che possono anche essere superate in nome di “collaborazione”, “intesa”, “pace”. Per il Papa, in Medio Oriente “occorre contrapporre al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana, della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere secondo l’etica religiosa, lo sforzo di garantire a tutti il necessario per una vita dignitosa, e la cura dell’ambiente naturale”. E in Turchia “è fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione – godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri” e “la libertà religiosa e la libertà di espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace”.