Parla Rosario Crocetta: “Quell’appalto e i soldi ai mafiosi. Ecco perché mi hanno incastrato”
IL GIALLO DELLA TELEFONATA Il governatore della Sicilia a tutto campo. Enigmatico con il suo partito: “Su qualche nuovo ingresso nel Pd qualche dubbio l’ho avuto e ce l’ho”. di Andrea Manzi
Pubblichiamo l’intervista che il governatore della Sicilia Rosario Crocetta ha rilasciato al blog di Andrea Manzi domenica scorsa, giorno prima degli avvisi di garanzia ai giornalisti de L’Espresso. Il settimanale ha svelato l’esistenza di un’intercettazione in cui il medico di Crocetta avrebbe detto al governatore: “Lucia Borsellino va fatta fuori come suo padre”. Crocetta non avrebbe risposto spiegando di non aver sentito quella frase. La procura ha comunque smentito l’esistenza di una conversazione di questo tipo.
di Andrea Manzi
“Lo so, ma non ho le prove”. Rosario Crocetta evoca Pasolini per ricostruire il corpo della sua verità “oltre l’immaginabile”. A dieci giorni dall’anticipazione dell’ Espresso sulla presunta telefonata tra lui e il suo medico personale Matteo Tutino, nel corso della quale non avrebbe replicato alla frase shock pronunciata dal sanitario (“Lucia Borsellino va fatta fuori come suo padre”), nella mente del presidente della Regione Sicilia si fa largo un’ipotesi che porta ad una gara irregolare, e perciò annullata, sul termo inceneritore. Un affare di miliardi.
Presidente, perché una gara annullata potrebbe spiegare tutto?
“È un’ipotesi che considero verosimile e che anche un’inchiesta giornalistica potrebbe verificare, ma convive con altre possibili spiegazioni legate a mie iniziative che hanno dato fastidio ai poteri forti. Penso ai 350 milioni di euro destinati alla formazione da me ridotti a 150: avevamo più formatori che formati, dodicimila. Feci arrestare gente, annullai quattromila assunzioni nel settore, tutte in violazione di legge”.
Lei di appalti ne ha revocati parecchi, eppure parla di questa gara. Perché?
“Mi sono venute in mente alcune coincidenze sulle quali il tempo dirà se ho ragione, ma ho revocato trentotto appalti, denunciato lo scandalo della banca regionale venduta per dieci milioni di euro quando ne valeva seicento, la svendita del patrimonio immobiliare che ci ha provocato un danno di cinquecento milioni, la gara per l’assicurazione sanitaria, che annullai. L’elenco continua: le terre strappate alla mafia dei pascoli, la gestione dei forestali che con me costa duecentoventi milioni anziché quattrocento, i novanta mafiosi licenziati e i cinquecento dipendenti spediti a casa perché non in regola con le norme della pubblica amministrazione”.
Non spiega però qual è il legame tra questa sua azione politico-amministrativa e la pubblicazione della presunta telefonata intercettata?
“Mi rifiuto di pensare che la regia possa essere stata del governo o del Pd. E non credo nemmeno alla regia del giornale. Da Roma, da Milano, da Napoli, nessuno sa su quale polveriera io viva. Quando Cuffaro fu arrestato in molti piangevano: ecco, quella stessa gente mi ha accoltellato. A qualcuno interessa la mia soppressione politica”.
Vuol dire che tra i suoi compagni di partito vi sono personaggi di quel vecchio mondo?
“Di questo non voglio parlare, ma su qualche nuovo ingresso nel Pd qualche dubbio l’ho avuto e ce l’ho”.
Fu eletto nel 2012 con il 30 per cento dei voti, ma non ottenne la maggioranza (39 consiglieri su 90), ha superato due mozioni di sfiducia delle opposizioni, si è affannato in tre rimpasti cambiando una trentina di assessori. Che fa, resiste ancora? Tra l’altro, a firmare l’attuale terza mozione è Fabrizio Ferrandelli, un renziano del PD.
“Quest’ultima mozione è uno scherzetto da ragazzino di un personaggio in cerca d’autore. In Sicilia, sin dal mio insediamento, sono sotto il fuoco nemico e amico. Quest’ultimo origina da chi tenta di cavalcare il renzismo. Ma è una strada sbagliata, che avvilisce la democrazia. Il Pd non può che essere garantista, eppure in questa circostanza rischia di fare il gioco di poteri ignobili. Non si sfruttano vicende giudiziarie per la lotta politica, io non l’ho mai fatto”.
A proposito di antimafia, Leoluca Orlando ha avuto parole di fuoco contro di lei: “Con Lombardo e Crocetta si è costruito un sistema di potere – ha detto – che coinvolge imprenditori e politici ma non ha risolto i problemi della Sicilia”.
“Non sono accusato di nulla, ho fatto andare un po’ di gente in galera, da sindaco creai un’associazione anti racket con 150 iscritti. Orlando, oltre a parlare male di Andreotti che non ammazzava nessuno, cosa ha fatto? La verità è che vuole candidarsi alla Regione. A me però non piace questo fare sciacallesco contro chi, come me, è anticonvenzionale e non allineato. E poi c’è l’antico pregiudizio secondo il quale il gay è sempre frivolo, e va sminuito e sfottuto. Quante dicerie anche sui miei rapporti col medico personale, allusioni a interventi estetici che non avrei mai potuto subire perché sono diabetico. Anche Buttafuoco mi prende in giro”.
Un po’ poco per giustificare quanto sta avvenendo in Sicilia.
“Poniamo che la telefonata, intercettata da chicchessia, esista per davvero. Ebbene, dovrebbe averla per forza anche la Procura, perché l’utenza di Tutino è sotto controllo sin dal 2013. Questa è la prova che non esiste nulla. Eppure, fino a quando non è arrivata la smentita, non ho dormito per tre notti. Con quali occhi guarderò in faccia la gente, mi chiedevo. Come può un giornale scrivere tali cose sul nulla, senza dire giorno e ora del contatto? La tecnologia consente ogni verifica. Invece, niente. All’Espresso parlano di informatori, dicono genericamente di aver ascoltato. Ma dove, quando, da chi, cosa? Solo con la smentita della Procura mi sono sciolto in un pianto liberatorio”.