di Barbara Acquaviti
Per Matteo Renzi l’ipotesi non sta né in cielo né in terra. Ma a sentire Paolo Romani è semplicemente “prematuro” parlarne. All’interno di Forza Italia, insomma, il tema dell’ingresso degli azzurri nella maggioranza di governo esiste e come. Sia per chi lo caldeggia, sia per chi lo ostacola. A maggior ragione ieri che il patto del Nazareno ha superato la prova del voto del Senato sull’Italicum nonostante i voti contrari dei rispettivi dissidenti. Silvio Berlusconi non si lascia certo scappare la possibilità di rimarcarlo: “Il Pd a palazzo Madama – dice – non ha più la maggioranza e Forza Italia è tornata a essere centrale”. Dalla parte opposta, il capo dei frondisti Raffaele Fitto, non perde l’occasione di stigmatizzare. “Faremo tutto il possibile” – dice – per evitare di trasformarci in una ‘piccola lista civica renziana’”.
Quali saranno gli effetti di medio termine si vedrà. Di certo, un paio di conseguenze a breve già ci sono state. E hanno a che fare sia con la partita per il prossimo capo dello Stato che con la ricomposizione dell’area del centrodestra. Per la seconda volta in tre giorni, infatti, il leader azzurro ha incontrato Angelino Alfano. Un summit con annesso risalto mediatico da cui la delegazione di Forza Italia e quella di Area Popolare sono emersi annunciando l’intenzione di proporre un nome comune a Renzi come successore di Giorgio Napolitano. Certo, poco dopo Berlusconi – come spesso gli accade – si è spinto un po’ oltre facendo il nome di Antonio Martino come possibile candidato di bandiera dell’area dei moderati senza aver prima concordato questa uscita con i compagni di strada appena ritrovati. E, per la verità, senza nemmeno avvisare il diretto interessato che ha commentato con un significativo “sono scherzi da prete”.
Il punto politico, però, è l’intenzione del Cavaliere di portare a Matteo Renzi una ricca dote di voti. E’ lui stesso ad ammettere che l’obiettivo è “arrivare alla quarta votazione con un nome condiviso dal Pd”. Ma il riavvicinamento con i fu scissionisti del Pdl ha molto a che fare anche con la legge elettorale che sta nascendo in Parlamento. Con il premio alla lista, infatti, l’ipotesi di riunire il centrodestra rischia di essere quasi obbligatorio e se la Lega ribadisce di voler continuare ad agire in solitaria, con Alfano & C. il discorso è più che avviato a dispetto di rancori e risentimenti personali.
Ricucire con il leader di Ncd, d’altra parte, ha nell’ottica berlusconiana anche un effetto pratico non trascurabile: marginalizzare la fronda di Raffaele Fitto, rendendola numericamente sempre meno influente. I dissidenti in Senato, come annunciato, hanno votato contro l’emendamento Esposito contraddicendo platealmente la linea del Cavaliere. Il quale, in assenza del leader della minoranza, ha deciso comunque di mandare un segnale ingaggiando un botta e risposta con il ‘fittiano’ Daniele Capezzone durante la riunione con i deputati. “La vostra posizione – lo ha attaccato – ci indebolisce anche agli occhi di Renzi. Quindi vi chiedo di cambiare linea oppure andate via”. Un invito che Fitto sembra intenzionato a rimandare al mittente, come dimostrano le nuove riunioni convocate con i ‘suoi’ deputati e senatori.