Partiti italiani a pezzi tra sì, no e astensioni: la plenaria approva la difesa Ue con 419 voti a favore

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l voto non vincolante del Parlamento europeo su una risoluzione a favore di una futura difesa europea ha messo in luce profonde divisioni interne sia tra i partiti italiani della maggioranza di governo che tra quelli dell’opposizione. La plenaria di Strasburgo ha adottato il testo con 419 voti favorevoli, 204 contrari e 46 astensioni, delineando un contributo al “libro bianco” sulla difesa Ue, che la Commissione e l’Alta Rappresentante per la Politica estera comune presenteranno la prossima settimana. Il documento chiede misure concrete per avviare “sforzi realmente innovativi” e azioni “simili a quelle utilizzate in tempo di guerra” per garantire la sicurezza dell’Unione Europea.

La risoluzione accoglie con favore il piano “ReArm Europe”, annunciato a grandi linee dalla Commissione ma non ancora dettagliato formalmente. Tra le proposte più significative spiccano l’introduzione di obbligazioni europee per finanziare l’industria della difesa su larga scala e l’utilizzo dei “coronabond” inutilizzati del piano post-pandemico NextGenerationEU. Inoltre, si invita la Banca europea per gli investimenti (Bei) ad abolire le restrizioni attuali e a investire più attivamente nel settore della difesa.

Divisioni nella maggioranza

Il voto ha rivelato crepe evidenti all’interno dei gruppi politici italiani. Fratelli d’Italia (Fdi), parte del gruppo dei Conservatori (Ecr), ha visto 22 dei suoi 24 eurodeputati presenti votare compatti a favore, nonostante il gruppo Ecr si sia spaccato in tre: circa metà favorevoli, l’altra metà contrari o astenuti. Al contrario, la Lega, appartenente ai “Patrioti per l’Europa”, ha respinto la risoluzione in blocco, con tutti i 7 eurodeputati presenti su 8 che hanno votato contro, in linea con la posizione del loro gruppo. Nel Partito popolare europeo (Ppe), gli italiani di Forza Italia (7 su 7) e l’eurodeputato della Svp si sono espressi a favore, con un’unica assenza tra i 9 membri.

L’opposizione si frammenta

Anche tra i partiti di opposizione italiani il voto ha generato divisioni nette. Il Partito democratico (Pd) si è spaccato a metà: 10 favorevoli (tra cui Bonaccini, Decaro, Gori e Tinagli) e 11 astenuti (inclusi Zingaretti, capo delegazione, e Annunziata, che ha corretto il suo voto iniziale da favorevole ad astensione). Di segno opposto il campo largo: il Movimento 5 Stelle (M5S), con tutti gli 8 eurodeputati presenti, e Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), con Mimmo Lucano (assente Ilaria Salis), hanno votato contro, in linea con il gruppo della Sinistra. Tra i Verdi europei, che si sono divisi con una maggioranza favorevole, i 4 italiani (Guarda, Marino, Orlando e Scuderi) hanno detto no.

Minacce alla sicurezza e scenari geopolitici

La risoluzione descrive l’Europa come alle prese con “la più profonda minaccia militare alla sua integrità territoriale dalla fine della guerra fredda”. Punta il dito contro la Russia, sostenuta da Bielorussia, Cina, Corea del Nord e Iran, definendola “la minaccia diretta e indiretta più significativa” per l’Ue. Si critica anche l’atteggiamento dell’amministrazione Trump, che alimenta preoccupazioni sul futuro della Nato e della sicurezza europea, e si condanna fermamente la pressione degli Stati Uniti sulla Groenlandia.

In questo contesto, il Parlamento chiede di rimuovere le restrizioni sull’uso dei sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro obiettivi militari russi, rafforzando al contempo le relazioni con i paesi “like minded” che condividono i valori Ue. Gli eurodeputati sottolineano la necessità di un pilastro europeo operativo all’interno della Nato, capace di agire autonomamente se necessario.

Proposte per una difesa più forte

Il testo evidenzia che gli sforzi attuali, “di dimensioni limitate, frammentati e lenti”, non sono adeguati alle sfide. Si invocano investimenti massicci nell’industria, nella tecnologia e nell’intelligence, oltre a una semplificazione del processo decisionale: si propone di passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata per le decisioni sulla difesa (escludendo operazioni militari esecutive, che richiederebbero una modifica dei Trattati Ue). La risoluzione insiste sulla “preferenza europea” per l’industria della difesa, senza compromettere la prontezza dell’Ue, e avverte che senza un aumento sostanziale dei fondi gli obiettivi di sicurezza, incluso il sostegno all’Ucraina, resteranno irraggiungibili.

Un segnale politico

Il voto, pur non vincolante, manda un segnale chiaro: l’Europa cerca una svolta nella sua politica di difesa, ma le divisioni interne, anche tra gli italiani, riflettono la complessità di un progetto che richiede unità e risorse senza precedenti. La palla passa ora alla Commissione, chiamata a tradurre queste ambizioni in azioni concrete.