Ue, Macron valuta “svolta a sinistra” per nuovo fronte progressista

Ue, Macron valuta “svolta a sinistra” per nuovo fronte progressista
Angela Merkel e Emmanuel Macron
28 maggio 2019

Emmanuel Macron ha perso il duello con Marie Le Pen, ma ha confermato che i ‘macroniani’ si sono compattati in una forza stabile e che il partito lanciato dal capo dello Stato nel 2017 ora può e deve rafforzarsi, con uno spostamento verso sinistra che sarà il fulcro del cosiddetto “atto II” della sua presidenza. Questo, in sintesi, il quadro che emerge all’indomani del voto per le europee in Francia, da più parti tradotto in una bruciante sconfitta per Macron, ma in realtà con un grande potenziale da sviluppare, sostengono dal suo entourage.

La Rèpublique en Marche (LREM), dopo una campagna elettorale condotta in prima linea dallo stesso presidente – cosa denunciata da Marine Le Pen come “fuori dall’alveo costituzionale” e criticata da tutti i partiti all’opposizione – ha ottenuto il 22,4% delle preferenze, a fronte del 23,3% incassato dall’estrema destra di Rassemblement National. L’allora Front National di Le Pen però rispetto al 2014 porta a Strasburgo due deputati in meno e il risultato di LREM è “onorevole” (questo il primo commento la sera del voto dal campo presidenziale) per una forza al governo, normalmente penalizzata dalle elezioni europee e ‘di metà mandato’.

Quindi per buona parte dei vertici del partito presidenziale il dato veramente importante è il consolidamento dello zoccolo elettorale di Macron, cosa non scontata e doppiamente preziosa nel momento in cui i tradizionali partiti sono allo sbando, vedi sull’orlo della scomparsa, come testimonia il pessimo risultato de I Repubblicani” e soprattutto del Partito socialista francese (6,2%). Nell’entourage del presidente francese si stima che la destra moderata “è passata in buona parte da noi, altrimenti Les Rèpublicains non sarebbero all’8%”. Però c’è l’anima di sinistra del partito convinta che proprio ‘à gauche’ ci sia più spazio per la ricerca di nuovi consensi e per creare in fin dei conti un nuovo fronte progressista che può trovare sponda in un simile schieramento a Strasburgo. Proprio in questo senso sembra muoversi l’attivissimo Emmanuel Macron, partito anticipatamente per Bruxelles, oggi, per incontrare a pranzo i premier socialisti e liberali di Spagna, Belgio, Olanda e Portogallo, rispettivamente Pedro Sanchez, Charles Michel, Mark Rutte e Antonio Costa.

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E’ vero che il presidente francese vedrà anche i leader del gruppo di Visegrad (Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria), ma il suo obiettivo è chiaramente favorire la creazione di una maggioranza “progressista” – Alde, Verdi, Socialisti – nel Parlamento europeo e porre i suoi alleati alla testa delle istituzioni. Sul fronte interno, alcuni consiglieri insistono sul fatto che “l’avvenire del progressismo è a sinistra, non a destra”, come ha dichiarato dopo il voto Aurélien Taché, deputato LRM. Il ragionamento condiviso tra i macroniani, rilanciato da un consigliere ministeriale, è che “il centrosinistra non è più con noi, la risposta logica sarebbe allearci da quella parte, visto che sono in arrivo altre elezioni”, ovvero le importanti amministrative del 2020. I consiglieri di Macron guardano anche al voto Verde, già sorprendentemente al 13,% domenica scorsa e potenzialemente in crescita.

Macron, presidente-sherpa dei negoziati sul clima che hanno portato all’accordo di Parigi a fine 2015, non mancherà di puntare in questa direzione. L’atto II di Macron è iniziato de facto con la promessa di stanziare 10 miliardi di euro per i meno abbienti, i disoccupati, i pensionati a basso reddito. E’ stata la prima risposta alle proteste dei gilet gialli e ora diventa la base per un avanzamento verso sinistra. Tra giugno e luglio approderanno in parlamento anche provvedimenti molto ‘à gauche’, come il diritto alla fecondazione assistita per donne single e omosessuali. Secondo fonti dell’entourage presidenziale, al capo dell’Eliseo non spiace inoltre l’idea di veder nascere presto anche un nuovo partito di sinistra con cui dialogare. E magari governare in futuro, sul modello tedesco. askanews

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