“E’ da ritenersi lesiva del diritto costituzionalmente tutelato alla libera espressione della propria identita’ sessuale”, la condotta dei ministeri delle Infrastrutture e della Difesa, perche’ consistente in un “vero e proprio (oltre che intollerabilmente reiterato) comportamento di omofobia”. La Prima Sezione della Corte d’Appello Civile di Palermo ha depositato la sentenza con la quale ha dato ragione “della evidente gravita’ dell’offesa” subita da Danilo Giffrida, cui era stato negato il rilascio della patente di guida perche’ non ritenuto idoneo psichicamente e fisicamente, a fronte della sua dichiarazione di omosessualita’. La Corte d’appello disposto la liquidazione di un danno pari a 100.000 euro, come aveva gia’ disposto il Tribunale di Catania nella sentenza di primo grado, poi riformata dalla Corte d’appello di Catania. La vicenda, infatti, era gia’ giunta avanti la Corte Suprema di Cassazione che, con la sentenza del 22 gennaio 2015 aveva annullato la decisione della Corte d’appello di Catania che aveva ridotto a ventimila euro il risarcimento ottenuto in primo grado. Spiega il legale Giuseppe Lipera che la Corte di Cassazione e da ultimo la Corte d’appello di Palermo “hanno preferito la motivazione del giudice di primo grado, Ignazio Cannata Baratta, il quale aveva evidenziato come “il comportamento delle due amministrazioni ha gravemente offeso e oltraggiato la personalita’ del giovane in uno dei suoi aspetti piu’ sensibili e ha indotto nello stesso un grave sentimento di sfiducia nei confronti dello Stato, percepito come vessatorio, nell’esprimere e realizzare la sua personalita’ nel mondo esterno”. I due ministeri sono stati condannati anche alle spese processuali di tutti i giudizi fino ad oggi sostenuti da Giuffrida. Si dichiarano soddisfatti Danilo Giuffrida e l’avvovato Lipera che parlando di “vittoria non personale del singolo, ma di tutti coloro che ogni giorno sono costretti a sopportare condotte intollerabili che offendono la dignita’ della persona e dell’individuo, i quali non devono subire discriminazioni in base alle proprie scelte sessuali, specie se tali comportamenti provengono dalle istituzioni pubbliche nell’esercizio delle loro funzioni amministrative. Speriamo che questa sentenza siano un monito non solo per le amministrazioni ma per qualsiasi rappresentazione della societa’, sia essa privata o pubblica, in maniera da rendere eguali i diritti della persona e del cittadino, senza subire discriminazioni di nessun tipo.