Il nuovo Patto di stabilità e le nuove norme Ue per la “governance economica” e la sorveglianza dei bilanci degli Stati membri, sono stati approvati in tre votazioni successive dalla plenaria del Parlamento europeo, oggi a Strasburgo. Il regolamento che istituisce il nuovo “braccio preventivo” del Patto di stabilità e crescita è stato approvato con 367 voti a favore, 161 voti contrari, 69 astensioni; il regolamento che modifica il “braccio correttivo” del Patto è passato con 368 voti a favore, 166 voti contrari, 64 astensioni; e la direttiva che modifica i requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri è stata approvata con 359 voti a favore, 166 voti contrari e 61 astensioni.
Dal risultato del voto nominale sul regolamento sul “braccio preventivo” del Patto di stabilità emerge che solo quattro eurodeputati italiani (Comi e Dorfmann del Ppe, e Gozi e Zullo di Renew) hanno votato a favore, mentre si sono astenuti gli altri italiani dei partiti della maggioranza di governo e quelli del Pd, e hanno votato contro quelli del M5s. Contrari anche l’unico verde italiano presente, Ignazio Corrao, e Fabio Massimo Castaldo di Renew, entrambi ex del M5s. Le nuove regole sono chiamate all’ultima ratifica il 29 aprile, in occasione della riunione dei ministri dell’Agricoltura. E se nessuno si opporrà, saranno realtà.
Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha espresso a Strasburgo “soddisfazione per l’approvazione delle nuove regole del Patto di stabilità e di crescita, che migliorano le regole attuali”, perché nonostante sia stato influenzato dalla forte spinta verso le posizioni più rigide dei tedeschi, è rimasta buona parte dell’impostazione originale della Commissione europea, e comunque; e quanto all’astensione del Pd è “un fatto di politica interna”, ha commentato. “Il nuovo Patto non è perfetto ma è un buon compromesso”, ha spiegato Gentiloni vedendo, per l’Italia, il bicchiere mezzo pieno: “Ha una doppia sfida, quella di politiche di bilancio prudenti e quella di continuare con investimenti pubblici che aiutino la crescita. E con le attuali regole questa sfida sarebbe forse molto, molto difficile da attuare”.
Il nuovo Patto cerca infatti di mantenere dei parametri rigidi per il rientro dal debito e dal deficit, introduce sul deficit la soglia dell’anti-crisi dell’1,5% del Pil ma concede qualcosa a Paesi come Italia, Belgio, Grecia, Francia o Spagna, che hanno debiti elevati. I governi potranno concordare con Bruxelles un piano di rientro che va da 4 a 7 anni in cambio della messa in campo di riforme per crescita e conti sostenibili. Il taglio annuale del debito, per chi è sopra la soglia del 90% del Pil, resta dell’1% annuo. Sul deficit, i Paesi che sforano il 3% sono chiamati a una riduzione dello 0,5% annuo ma con un periodo transitorio che arriva fino al 2027 e nel quale la percentuale potrà essere ridotta.
Le nuove disposizioni sono meno restrittive dell’attuale requisito secondo cui ogni Paese dovrebbe ridurre il debito ogni anno di un ventesimo (5%) dell’eccesso superiore al 60%. Ai governi sarà consentito deviare dal percorso di spesa netta dello 0,3% del Pil su base annua e dello 0,6% del Pil cumulativamente durante il periodo di monitoraggio. Rimangono ovviamente le soglie del 3% del Pil per il deficit e del 60% del Pil per il debito. Tutti i paesi forniranno piani a medio termine entro il 30 settembre che delineeranno i loro obiettivi di spesa e le modalità con cui verranno intrapresi gli investimenti e le riforme. Gli Stati membri con livelli elevati di deficit o debito riceveranno indicazioni pre-piano sugli obiettivi di spesa. Le spese per la difesa saranno considerate un ‘fattore rilevante’ nel calco dei piani di rientro dal deficit. Inoltre – su richiesta del Pe – la spesa nazionale per il cofinanziamento dei programmi finanziati dall’Ue sarà esclusa dal calcolo della spesa del governo.
Il sì al Patto, dopo la crisi del Covid e lo scoppio della guerra in Ucraina, riporta tuttavia l’Ue ad una situazione di normalità. E per l’Italia non è una buona notizia. Il 19 giugno l’Ue deciderà sulle procedure per disavanzo. “Guardando ai dati Eurostat si può avere un’anticipazione della potenziale decisione”, ha spiegato Gentiloni sottolineando, tuttavia, che tale decisione verrà presa solo a giugno. Ovvero, dopo le Europee. L’Italia, con il 7,4% del deficit appena certificato dall’Eurostat, è ad altissimo rischio. “II Paese continua a far fronte a vulnerabilità legate a debito, deficit e crescita della produttività”, si legge nelle conclusioni degli esami approfonditi della Commissione Ue sugli squilibri macroeconomici dei 27.