Patto con massoneria, manette a boss di Catania e gran maestro loggia. Decapitata cosca Ercolano

MAFIA l’operazione della Guardia di finanza ha portato a sei gli arrestati, tra cui il 42enne reggente Aldo Ercolano, figlio del capomafia Sebastiano

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finanza_9 mafia arrestiCosa nostra, massoneria e aste giudiziarie. C’e’ tutto questo al centro dell’inchiesta che ha fatto scattare le manette ai polsi di un boss e del gran maestro della Gran loggia italiana Federico II. E’ l’esito dell’operazione della Guardia di finanza di Catania che ha decapitato la cosca Ercolano. Sei gli arrestati, tra cui il 42enne reggente Aldo Ercolano, figlio del capomafia Sebastiano. Sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e turbata liberta’ degli incanti. Il gran maestro indagato e’ stato assegnato agli arresti domiciliari. E’ accusato di avere pilotato, grazie all’intervento intimidatorio della mafia, e in particolare di Aldo Ercolano, un’asta giudiziaria relativa a un capannone che al massone era stato sottratto in seguito al suo fallimento. L’immobile del valore di oltre un milione di euro venne aggiudicato per una cifra attorno ai trecento mila euro. Nell’inchiesta vi sarebbero coinvolti alcuni avvocati, ma per loro il Gip Santino Mirabella non ha emesso ordinanza di custodia cautelare. L’indagine e’ stata coordinata dal pm Rocco Liguori. L’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania e denominata “Brotherhood”, ‘fratellanza’, ha ricostruito diversi episodi estorsivi ricostruiti nei confronti di titolari di noti locali di ristorazione, alcuni dei quali effettuati personalmente dal boss Aldo Ercolano, nonche’ l’attivita’ di recupero crediti svolta dalla cosca dietro compenso, per conto di terzi, come pure l’aggiudicazione di aste giudiziarie tese a favorire l’assegnazione di pubbliche gare a favore di imprenditori amici.

Ma elemento assolutamente peculiare dell’indagine sono gli “strettissimi rapporti”, spiegano gli inquirenti, accertati fra la criminalita’ organizzata ed esponenti della massoneria catanese, da qui il nome dell’operazione. Il punto di contatto fra le due organizzazioni era rappresentato da Sebastiano Cavallaro, tra gli arrestati di oggi, uomo di fiducia della famiglia Ercolano e “primo diacono” della “Gran Loggia Massonica Federico II Ordine di stretta osservanza”. Questi ha svolto un ruolo di collettore tra richieste illecite di imprenditori massoni e la famiglia mafiosa degli “Ercolano”. Significative in questo senso sono le attivita’ – condotte su richiesta proprio del “Sovrano” della loggia massonica, Francesco Rapisarda – tese a far desistere, con ogni mezzo, imprenditori dalla partecipazione a un’asta fallimentare per l’aggiudicazione di un complesso industriale, gia’ di proprieta’ dei fratelli Rapisarda, garantendo cosi’ agli stessi di rientrarne in possesso a un prezzo significativamente ribassato (da 1 milione a 273.000 euro). In relazione a tali attivita’ il Gip di Catania ha disposto, per il reato di turbativa d’asta, gli arresti domiciliari nei confronti dei fratelli Carmelo e Francesco Rapisarda, titolari della “Mediterranea Costruzioni Metalmeccaniche Spa” e di Adamo Tiezzi (soggetto, quest’ultimo, assai vicino al Cavallaro e con precedenti per traffico di stupefacenti ed estorsione) nonche’ il sequestro di tutti i beni aziendali mobili e immobili della societa’.

In altre occasioni l’intervento del “fratello” Cavallaro e’ stato sollecitato al fine di ottenere, con l’intervento del boss Aldo ercolano, l’aggiudicazione di appalti per lavori pubblici in favore di imprenditori “fratelli massoni” come nel caso dei lavori per la Riqualificazione e recupero area ex mattatoio comunale con annesso lavatoio” indetti dal Comune di Santa Maria di Licodia. Le risultanze investigative hanno, peraltro, trovato riscontro nelle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia secondo i quali il reggente della cosca, sin dal 2002, era responsabile per la famiglia nell’area di “Picanello” e per i paesi delle “Aci” e, dopo l’arresto del fratello Mario avvenuto nel 2010, era diventato il riferimento di tutti i gruppi mafiosi riconducibili agli Ercolano. Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari, sono stati notificati provvedimenti di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di ulteriori cinque indagati, tra cui alcuni professionisti catanesi, cui e’ contestato il reato di estorsione, usura e turbativa d’asta aggravata dalla modalita’ mafiosa. In tutto gli indagati sono undici e tra questi due avvocati. C’e’ pure un funzionario della banca Unicredit indagato per turbativa d’asta, accusato di avere portato avanti la pratica di acquisto per conto del ‘sovrano’ della loggia, malgrado quest’ultimo fosse fallito. Scoperte anche una estorsione ai danni della pizzeria Miseria e nobilita’ i cui titolari avrebbero versato somme da 500 a mille euro in diverse rate e durante le festivita’ dell’anno e una tentata estorsione alla pizzeria catanese “Il Vicolo”. Disposta la detenzione in carcere per Aldo Ercolano, 42 anni, Sebastiano Cavallaro, 59 anni, e Giuseppe Finocchiaro, 38 anni; arresti domiciliari per Francesco e Carmelo Rapisarda, nati in Libia, di 73 e 77 anni, nonche’ per Adamo Tiezzi, di 54 anni.

Significativo, secondo gli inquirenti, l’apporto dei due avvocati e del procuratore speciale per conto di Unicredit, inseriti nell’elenco degli indagati nell’operazione che ha messo in evidenza rapporti tra la criminalita’ mafiosa degli Ercolano, il mondo della massoneria e l’imprenditoria. Uno dei legali e il procuratore speciale sono accusati di avere presentato un’offerta con cui si aggiudicava l’asta ad un costo al ribasso (il valore del capannone era di un milione di euro, assegnato per 273 mila euro) per via delle precedenti gare andate deserte, per poi cedere gli stessi beni, con contratto di leasing alla Ramental srl, amministrata dalla moglie e dalle figlie di Francesco Rapisarda, consentendo di fatto a quest’ultimo di rientrare in possesso dei beni del fallimento. L’altro legale e’ indagato dalla Procura distrettuale, invece, per estorsione assieme a due esponenti vicini agli Ercolano per il recupero di un credito di mille euro relativamente all’affitto di un appartamento. Per l’avvocato la procura ha ipotizzato il reato di estorsione e per questa ragione ha chiesto al gip la misura cautelare in carcere. Il Gip Santino Mirabella ha invece valutato la contestazione in esercizio arbitrario della propria ragione dinanzi ad un credito reale. Per questa ragione ha respinto l’emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’uomo nell’inchiesta e’ anche indagato per usura per essersi fatto promettere consegnare da un imprenditore in stato di bisogno e dunque impossibilitato a ricorrere a canali di finanziamento bancari o finanziari, come corrispettivo di una prestazione di denaro, interessi che “avuto riguardo alle concrete modalita’ del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultavano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione in denaro”.