Pd, assemblea appesa a governo giallo-verde

Orfini nel mirino della minoranza, nodo tempi del congresso

Pd, assemblea appesa a governo giallo-verde

Il Partito Democratico e’ “fermo, ma non immobile”. La battuta di un alto esponente del Nazareno restituisce bene il clima che si respira fra i dem dopo le 24 ore chieste e ottenute dal duo Di Maio-Salvini per tentare di mettere in piedi un esecutivo. Il quadro che si delinea, con un eventuale governo M5s-Lega mette il partito in una posizione di “opposizione radicale”, come sottolineano Matteo Orfini e Lorenzo Guerini. E, d’altra parte, per il segretario reggente, Maurizio Martina, ci si trova di fronte a una “deriva estremista nel governo del Paese. Si affacciano ipotesi di accordi di potere last minute, senza una vera condivisione delle scelte e con il rischio per il Paese di pagare a caro prezzo tutto questo. E’ chiaro che il Pd e’ radicalmente alternativo a questo brutto spettacolo”. Ma l’accelerazione verso un governo M5s-Lega rimescola le carte anche dentro un partito che, fino a ieri, si preparava a un resa dei conti in assemblea, fra chi sostiene Maurizio Martina e chi vorrebbe un avvicendamento al Nazareno. IN caso di governo giallo-verde, cambierebbe l’ordine del giorno dell’assise del 19 maggio: non piu’ segretario subito o primarie, quanto i tempi del congresso. La consegna di Matteo Renzi e’ di mantenere cautela in attesa dello scadere del tempo concesso da Mattarella. Anche perche’ nel partito vengono registrati segnali contraddittori sul reale ‘feeling’ fra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

Guerini: “Hanno fatto, questo accordo, occupando tutte le cariche di Camera e Senato, anche negli uffici di presidenza”

Sul tavolo resta la posizione del segretario reggente, “disponibile a proseguire nel percorso unitario” inaugurato con il suo arrivo al Nazareno, come spiegano fonti parlamentari a lui vicine. Ovvero: rimanere in carica e traghettare il partito all’appuntamento con le primarie, da tenere “nei tempi giusti”. Nessuna fretta di andare a congresso, spiegano fonti renziane, visto che ormai il governo giallo-verde sembra essere una possibilita’ quanto mai concreta e sara’ possibile avvicinarsi alle primarie con una discussione seria all’interno del Pd. Tra gli esponenti vicini all’ex segretario c’e’ la certezza che il governo Lega-Cinque Stelle si fara’, “hanno l’accordo pronto da settimane”, dicono. “Mi pare che sia dall’inizio della legislatura che M5s e Lega provano a fare l’accordo. Lo hanno fatto, questo accordo, occupando tutte le cariche di Camera e Senato, anche negli uffici di presidenza, anche in spregio alle normali relazioni fra le forze politiche quando si tratta di istituzioni di garanzia e mi pare che stiano andando a confermare quello che dall’inizio della legislatura stanno cercando di fare “, fa notare Guerini. Tuttavia, in pochi azzardano scenari sul percorso che si sta per aprire con l’assemblea.

Orfini guardato con diffidenza dalle opposizioni dem

“Con la formazione del governo, cade ogni urgenza di andare a congresso”, spiega una fonte renziana di primo piano: “L’assemblea si riunira’ e decidera’ se procedere all’elezione del segretario o convocare il congresso che, da statuto,si dovrebbe aprire nel giro di un paio di mesi e, quindi, concludere con le primarie ad ottobre o novembre”. Tra i renziani, tuttavia, c’e’ anche la consapevolezza che la fase che si aprirebbe con un governo Lega-M5s li vedrebbe nel ruolo di “opposizione radicale” alle Camere e non potrebbe essere affrontata con un segretario privo della legittimazione da parte dell’elettorato. Di qui la necessita’ di convocare subito il congresso, con la conseguente decadenza di tutti gli organi statutari a partire dalla segreteria, rimasta quella scelta da Matteo Renzi. In carica, da statuto, rimane il presidente dell’Assemblea Matteo Orfini e a lui andrebbero le deleghe nel caso Martina non venisse confermato ‘traghettatore’ da qui al congresso, con il dettaglio niente affatto trascurabile che spetterebbe a lui redigere materialmente le liste. Considerato ormai un ultra renziano che nulla ha da invidiare a Maria Elena Boschi o Luca Lotti, Orfini e’ guardato con diffidenza dalle opposizioni dem che non lo considerano in grado di assicurare sufficiente autonomia e imparzialita’ nella gestione della fase congressuale. I renziani ribattono che il vero organo di garanzia e’ – da statuto – la commissione congresso, rilanciando l’idea di un ‘triumvirato’ da istituire in seno alla commissione stessa in rappresentanza delle tre aree di riferimento interne al partito.

Nodo segretario, le ipotesi in campo

Altra strada percorribile, spiegano fonti parlamentari vicine all’ex segretario, sarebbe quella di eleggere un ‘traghettatore’ che prima dell’elezione metta nero su bianco la rinuncia ad essere della partita al congresso: Martina, spiegano ancora, non potrebbe guidare il partito al congresso da candidato ma, lasciano intendere, la sua posizione cambierebbe se rinunciasse alla candidatura. Un’idea che, almeno per il momento, non sfiora nemmeno la mente di Martina. “Si puo’ continuare con Martina”, dice un altro esponente della maggioranza interna, “oppure si puo’ cercare una soluzione diversa. Tutte le ipotesi sono aperte in questo momento”. Il quadro potrebbe ricomporsi se, da qui al 18 maggio, Paolo Gentiloni dovesse cedere alle pressioni bipartisan perche’ faccia un passo in avanti accettando di fare il “segretario unitario”. Il Presidente del Consiglio ha gia’ fatto sapere di non essere interessato, ma tra gli esponenti delle varie correnti si scommette sul fatto che, di fronte alla necessita’ di preservare il partito da nuove lacerazioni, Gentiloni potrebbe alla fine accettare. Se cosi’ non fosse, sull’attuale premier si potrebbe puntare in caso di primarie di coalizione, quando si trattera’ di tornare al voto.

“O segretario o congresso, tertium non datur”

Anche se questo secondo scenario e’ un’altra variabile dipendente dall’eventuale formazione del governo giallo-verde e dal tipo di maggioranza che esso sapra’ coagulare. Nella maggioranza renziana, tuttavia, sono in molti a credere che il premier non tornera’ sui propri passi: “Gentiloni che, dopo aver guidato Palazzo Chigi fino a ieri si mette a fare il leader dell’opposizione non ce lo vedo”, chiosa un renziano di primo piano. “Se non altro, non abbiamo piu’ il problema di chi candidiamo alla Presidenza del consiglio. Io comunque Gentiloni lo avrei candidato anche alle elezioni precedenti”, sottolinea Andrea Orlando che si sofferma anche sul ruolo del reggente, Maurizio Martina: “Mi pare che l’obiettivo sia dare un segretario al partito che imposti un congresso che deve avere un carattere rifondativo. Mi pare che Martina se non ci sono stati cambi di orientamento possa essere questo punto di riferimento sul quale si puo’ riconoscere l’intero partito”. E allora, si torna al punto di partenza che, poi, e’ anche l’unico punto fermo in questo momento: la candidatura di Martina. Il segretario reggente, racconta un parlamentare a lui vicino, non ha alcuna intenzione di farsi “traghettatore” del partito: “o segretario o congresso, tertium non datur”.[irp]