di Giuseppe Novelli
Il dopo-Speranza si discuterà domani nel Pd, l’assemblea del gruppo alla Camera è convocata e all’ordine del giorno c’è proprio la scelta, o perlomeno l’inizio della discussione, sul nuovo presidente dei deputati. Una scelta che, secondo le ultime voci, difficilmente potrà cadere su un esponente della minoranza, vista l’indisponibilità di Enzo Amendola e Cesare Damiano, nomi circolati nelle scorse settimane. Qualcuno ha fatto girare il nome di Andrea Orlando, ma sembra una soluzione difficile visto che dovrebbe lasciare il ministero della Giustizia, e lo stesso vale per Matteo Orfini, che dovrebbe rinunciare alla carica di presidente del partito. In questo scenario, il nome più accreditato resta quello di Ettore Rosato, l’attuale vicario che regge il gruppo da quando Speranza si è dimesso. Ma circola anche un’ipotesi diversa, quella di Lorenzo Guerini, ora vice-segretario, che è figura capace di parlare anche all’ala più dura della minoranza.
Guerini, come Orlando e Orfini, ha già un ruolo, ma in questo caso la sua rinuncia creerebbe meno problemi visto che il partito ha anche un altro vicesegretario, Debora Serracchiani. Soprattutto, Guerini è da sempre l’uomo che parla con tutti, a cominciare da Pier Luigi Bersani e Gianni Cuperlo. Si tratta però, al momento, solo di un’ipotesi. In via ufficiosa, tutti continuano a mettere Rosato in pole position. . Intanto, la minoranza Dem non molla. Il Pd è arrivato ad un “punto di rottura difficilmente reversibile”. Stefano Fassina pronuncia parole che sembrano il preannuncio della sua uscita dal Pd. “Credo che siamo arrivati alla fine di un percorso in cui è evidente che non siamo di fronte a degli incidenti e a episodi di sbandamento. Il Partito democratico di Renzi si è riposizionato in termini di cultura politica, in termini di programma, in termini di interessi che intende rappresentare. La traiettoria tracciata dai provvedimenti, dal jobs act, dall`Italicum, dalla Buona scuola, per quanto mi riguarda, è insostenibile”. “Insieme ad altri sto discutendo – conclude – credo però che siamo giunti a un punto di rottura che vedo difficilmente reversibile”.