Pd sceglie capigruppo, serve intesa o rischio-conta

Letta al lavoro su proposta complessiva che garantisca equilibri

Debora Serracchiani

Bisognerà aspettare fino a oggi pomeriggio per capire come il Pd gestirà la vicenda dell’elezione dei capigruppo e degli uffici di presidenza delle Camere. Il nodo è lo stesso da settimane: confermare le due presidenti di gruppo uscenti – Simona Malpezzi e Debora Serracchiani – e limitarsi a rinnovare vice-presidenti delle Camere e questori, o procedere a un azzeramento complessivo? Enrico Letta vuole sicuramente due donne alla guida dei gruppi parlamentari e per un rinnovo in questi giorni sono stati fatti i nomi di Valeria Valente per il Senato e di Anna Ascani per la Camera. Ma sono in tanti a non essere convinti dell’operazione, perché c’è un congresso alle porte che si concluderà a marzo e perché l’equilibrio tra i posti va trovato tenendo anche conto delle commissioni di garanzia, in particolare il Copasir, che però eleggeranno i propri presidenti solo tra qualche settimana.

Il rischio, secondo alcune voci, è che nei gruppi parlamentari alla fine si possa andare a una conta e non a una indicazione all’unanimità come di solito avviene. Spiega un parlamentare democratico: “Non è detto che se si decide di indicare due nomi nuovi le uscenti non si ricandidino. Ci potrebbe essere una conta, e non sarebbe davvero il massimo presentarsi spaccati”. Debora Serracchiani, per esempio, ha dato la sua disponibilità a rimanere. Lo schema che gira prevederebbe Nicola Zingaretti vice-presidente alla Camera, Anna Rossomando (area Orlando) al Senato e Bruno Astorre (area Franceschini) questore a palazzo Madama. Per Base riformista, poi, ci sarebbe il Copasir, da affidare a Lorenzo Guerini. Ma per il comitato di controllo sui servizi segreti è in pista anche Enrico Borghi e da Base riformista qualcuno fa notare: “Il Copasir? Il presidente viene eletto tra un mese”. Insomma, difficile farlo rientrare nel puzzle delle caselle da occupare adesso – i capigruppo oggi e gli uffici di presidenza domani – anche perché i presidenti delle commissioni di garanzia non si eleggono solo con i voti del Pd. Tutti assicurano che non ci sono ancora decisioni definitive. L’unico dato certo è che “Enrico farà una proposta complessiva ai gruppi”, una proposta studiata appunto per trovare un equilibrio che soddisfi tutte le anime del partito. Ma si tratta di una missione molto complicata e non è detto che riesca: “Se ci sono degli scontenti – spiega un parlamentare – il rischio di andare alla conta sui capigruppo è alto. Per questo molti stanno spingendo per la conferma delle uscenti”.