Il Pd riparte da Matteo Renzi e anche se il leader ha promesso che sarà “non una rivincita ma un nuovo inizio”, sono già evidenti alcuni tratti in comune con la fase appena chiusa. Sul piano numerico, soprattutto, il leader avrà un controllo saldo degli organismi dirigenti, forte di un successo alle primarie che in termini percentuali è stato più netto che nel 2013: in assemblea sono 700 i delegati renziani (compresi quelli di Franceschini, Orfini e Martina), contro i 212 di Andrea Orlando e gli 88 di Michele Emiliano. Proporzioni simili in direzione, che verrà eletta oggi: su 120 membri, 84 saranno di area Renzi, 24 di Orlando e 12 di Emiliano. Gli 84 renziani comprenderanno una trentina divisi equamente tra Martina, Franceschini e Orfini, ma Renzi avrà a disposizione anche altri 20 “personalità” che saranno scelte direttamente da lui. Di fatto, il leader Pd dovrebbe riuscire ad avere la maggioranza in direzione anche contando solo suoi suoi fedelissimi, ovvero al netto delle altre componenti della maggioranza. Questo non significa che Renzi non stia cercando di creare le condizioni per una navigazione meno tormentata di quella dei 4 anni passati. Più volte, nelle ultime settimane, ha avvertito: “Chiunque vinca, poi si rispettano le regole, il Pd è la casa di tutti”. A parte la conferma di Matteo Orfini alla presidenza e la promozione, ampiamente annunciata, di Maurizio Martina alla vice-segreteria, il leader sta sondando sia la componente di Emiliano che quella di Orlando in vista di un possibile ingresso in segreteria.
Il ministro della Giustizia riunirà i suoi in mattinata prima dell’assemblea, ma sembra orientato a dire no, e addirittura potrebbe non votare Orfini alla presidenza. L’idea è quella di tenere le mani libere per far sentire una voce in dissenso ogni volta che sarà necessario, come già accaduto oggi sulla vicenda della legittima difesa. “Certo – precisa uno degli uomini vicini al ministro – non intendiamo fare ciò che hanno fatto Bersani e Speranza. Ma se una cosa non va, lo diremo”. Emiliano invece ha tenuto oggi a battesimo il suo ‘Fronte democratico’, la componente nata dall’esperienza delle primarie, e per ora non chiude la porta. “Nessuno di noi pensa di abdicare alle proprie idee in cambio di qualche posto nel gruppo dirigente”, spiega Dario Ginefra. “Siamo, invece, disponibili a valutare una proposta di governo unitario del partito, ma la valuteremo sulla base della piattaforma che la sottende”. C’è da dire che il presidente della Puglia, durante la campagna per le primarie, aveva promesso: “Farò impazzire Renzi”. E il battesimo di ‘Fronte democratico’ sembra un modo per confermare che Emiliano si attrezza per non fare sconti.
Forse anche per questo motivo, la segreteria non dovrebbe essere eletta oggi. Verranno invece votati, oltre al presidente, i vice-presidenti dell’assemblea, il tesoriere (che sarà ancora Francesco Bonifazi) e la commissione di garanzia. Dopo la proclamazione ufficiale del nuovo segretario, Renzi prenderà la parola. Ancora da definire il futuro ruolo di Lorenzo Guerini, citato come possibile vice-segretario a fianco di Martina, ma anche come sottosegretario a palazzo Chigi con delega ai servizi. Per Matteo Richetti, poi, si delinea un ruolo da portavoce del partito. Di sicuro, tra i renziani c’è euforia per i sondaggi che tornano a salire, a cominciare da quello pubblicato ieri dal Corriere della sera che accredita un contro-sorpasso dei democratici su M5s. Una dimostrazione, per il leader, che la nuova linea paga. A cominciare dall’approccio verso il web, da quella presenza capillare che dovrà essere garantita dalla piattaforma ‘Bob’, la risposta Pd al Rousseau M5s.