Congresso subito e ‘chiavi del partito al presidente’; oppure elezione del segretario in assemblea e “fase costituente” prima del congresso: tra queste due ipotesi oscilla il pendolo del Partito Democratico in queste ore. I renziani premono perche’ non si attenda oltre e l’assemblea convochi il congresso nei tempi previsti dallo statuto, con la fase conclusiva delle primarie che si celebrerebbe ad ottobre o a novembre. Per Ettore Rosato, renzianissimo vice presidente della Camera, il congresso e’ lo strumento principe per individuare la strada che il Pd deve imboccare: sul tavolo, ricorda Rosato, c’e’ infatti il rapporto con Liberi e Uguali e l’ipotesi di un’alleanza che guardi a sinistra del Pd. Quale luogo migliore per discuterne? “A me sembra ragionevole che chi si voglia candidare a segretario lo faccia con il congresso”, dice l’esponente dem. Sulla carta, tuttavia, l’assemblea del 19 marzo deve scegliere se eleggere immediatamente il proprio segretario, una volta preso atto delle dimissioni di Matteo Renzi, e sciogliere tutti gli organi del partito aprendo cosi’ la fase congressuale. Una fase che, secondo i renziani, vedrebbe nel presidente Matteo Orfini il facente funzione di segretario. Una interpretazione, questa, contestata dall’area vicina al segretario reggente per la quale “lo statuto non prevede nulla del genere”. Secondo alcuni deputati dem, infatti, dopo la certificazioni delle dimissioni di Matteo Renzi, il presidente concede il tempo necessario a presentare le candidature per l’elezione del segretario in assemblea e si procede al voto.
Ruoli nella fase di transizione
Meglio ancora, viene aggiunto dalle stesse fonti, sarebbe se contestualmente al voto per il segretario si votasse la data del congresso. Sarebbe dunque il nuovo segretario, con pieni poteri, a gestire la fase congressuale e sempre a lui – non al presidente – spetterebbe l’eventuale stesura delle liste elettorali, unica vera chiave per accedere alla plancia di comando del Pd. In apertura dell’assemblea del 19 febbraio 2017, e’ stato lo stesso Orfini a spiegare che “dopo le dimissioni del segretario, il nostro statuto prevede cose precise, ovvero la convocazione d’urgenza dell’assemblea, che abbiamo fatto, e la possibilita’ che l’assemblea possa verificare che voglia o non voglia eleggere un nuovo segretario. Quindi io”, aveva proseguito in quell’occasione Orfini, “ho l’obbligo formale di fissare i tempi per la raccolta delle firme a sostegno di una eventuale candidatura a segretario, che fisserei in termini di due ore. Questo comporterebbe il non svolgimento del congresso anticipato, ma si andrebbe a scadenza con qualcuno che farebbe il segretario, come successo i altre occasioni, con Epifani e Franceschini dopo le dimissioni di Bersani e Veltroni. Qualora questo non dovesse accadere, o lo svolgimento del voto non fosse sufficiente a eleggere il segretario, ci sarebbe l’indizione del congresso”.
Regolamento e Statuto
Nessun riferimento all’eventuale passaggio delle deleghe al presidente del partito, ma e’ pur vero che in quella occasione si procedeva a tappe forzate verso il congresso che avrebbe rieletto Renzi segretario e nessuno presento’ la propria candidatura. Parole, quelle di Orfini, che sembrano trovare conferma nel testo dello Statuto Pd, all’articolo 3 comma 2 sulle dimissioni del segretario: “Se il Segretario cessa dalla carica prima del termine del suo mandato, l’Assemblea puo’ eleggere un nuovo Segretario per la parte restante del mandato ovvero determinare lo scioglimento anticipato dell’Assemblea stessa. Se il Segretario si dimette per un dissenso motivato verso deliberazioni approvate dall’Assemblea o dalla Direzione nazionale, l’Assemblea puo’ eleggere un nuovo Segretario per la parte restante del mandato con la maggioranza dei due terzi dei componenti. A questo fine, il Presidente convoca l’Assemblea per una data non successiva a trenta giorni dalla presentazione delle dimissioni. Nel caso in cui nessuna candidatura ottenga l’approvazione della predetta maggioranza, si procede a nuove elezioni per il Segretario e per l’Assemblea”. Dunque, se Martina dovesse presentarsi candidato in assemblea, si dovrebbe procedere al voto.
Road map: indizione del congresso in autunno o elezione del segretario e indizione del congresso in “tempi congrui”
Due schemi che rappresentano altrettanti variabili dipendenti della vicende per la formazione del governo. Se dovesse naufragare il tentativo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini di varare un esecutivo gialloverde o se il neonato governo dovesse apparire tanto debole da far prevedere un voto anticipato a brevissimo, altri scenari si aprirebbero. Allo stato, comunque, le strade a cui guardano le fazioni in campo nel Pd sono queste: indizione del congresso in autunno o elezione del segretario e indizione del congresso in “tempi congrui”. Numeri alla mano, Matteo Renzi gode ancora di una maggioranza tale da imporre la propria linea. Dal 4 marzo ad oggi, tuttavia, molto e’ cambiato nel partito e la maggioranza in assemblea e’ meno schiacciante di un anno fa, quando il parlamento dem si e’ insediato riproponendo i rapporti di forza dentro il partito con un netto 67,8% a favore di Renzi. “Sono tanti gli socntenti per come e’ stato gestito il paritto in questo ultimo anno e le liste delle politiche hanno lasciato il segno in molti delegati che si sono visti tagliati fuori da Renzi”. Su questo conta la vasta schiera dei non renziani e da qui il tentativo di ottenere la conferma di Maurizio Martina in assemblea.
Martina non ci sta a fare il segretario a tempo
Il segretario reggente ha fatto sapere di essere in campo per proseguire sulla linea della collegialita’ inaugurata il 5 marzo. Ma a fare il traghettatore, il segretario a tempo, non ci sta: “o segretario o congresso, terzium non datur”, e’ la linea veicolata da parlamentari a lui vicini. Congresso. Si’. Ma nei tempi giusti. Perche’, ricordano le stesse fonti, e’ ancora vivo il congresso del 2017 quando tutto si risolse in 40 giorni senza nemmeno poter abbozzare uno straccio di confronto interno. Di qui l’idea di Martina: fare precedere il congresso da una fase costituente e preparatoria. Tutti sono per il Congresso, e’ il ragionamento che viene fatto tra gli esponenti vicini al segretario reggente, ma c’e’ modo e modo di farlo. La proposta di Martina di un lavoro costituente e preparatorio per il congresso, viene spiegato ancora, ha il vantaggio di “non fare una conta esasperata solo di tessere e truppe cammellate senza un percorso partecipato sulle idee. Se vogliamo bene al Pd questa volta bisogna mettere prima le idee dei nomi”.[irp]