Pechino punta con decisione sull’Italia e l’ingresso di ChemChina nella Pirelli ingrossa la lista degli investimenti a nove zeri che la Cina sta realizzando nella Penisola. Negli ultimi 12 mesi l’Italia è il paese europeo che ha assorbito più investimenti da parte del Dragone. Oltre 6 miliardi di euro è il bilancio dello shopping cinese in Italia tra aziende e partecipazioni azionarie, superando così la Francia e la Gran Bretagna (dove le operazioni cinesi sono concentrate nel settore immobiliare). Praticamente il doppio rispetto ai circa 3 miliardi del 2013. Superata la crisi dell’euro la Cina ha avviato una campagna di acquisti in Europa con un flusso di investimenti che è volato dai 6 miliardi del 2010 a quasi 30 miliardi dell’anno scorso. Fino all’inizio del 2014 l’acquisizione più rilevante in Italia da parte cinese erano stati i macchinari per calcestruzzo della Cifa, rilevata dal colosso Zoomilion nel 2008 per 550 milioni di euro. Prima solo piccole operazioni come i motorini Benelli al gruppo Qianjiang o la Ode di Lecco a Defond Manufactoring. Poi il salto di qualità dopo la crisi del debito in Europa. La Shandong Heavy Industries rileva tre anni fa il 75% degli yacht Ferretti per 374 milioni di euro e l’anno successivo il colosso del petrolio Cnpc acquista per 4,1 miliardi di dollari da Eni una partecipazione del 20% dell’area 4 in Mozambico.
LO SCORSO ANNO L’anno scorso l’ulteriore accelerazione. A inizio 2014 la Shenzen Marisfrolg Fashion rileva la casa di Moda Krizia. Poco dopo entrano in campo i big dell’economia di Stato del Dragone. China State Grid stacca un assegno da 2,1 miliardi di euro per il 35% di Cdp Reti (che controlla Snam e Terna). Cdp cede poi il 40% di Ansaldo Energia (ex Finmeccanica) per 400 milioni di euro a Shanghai Enectric. E fino all’ultimo i cinesi sono in corsa per il settore ferroviario di Finmeccanica, andato poi ai giapponesi di Hitachi. A primavera entra in scena a Piazza Affari People Bank of China, ribattezzata “Mister 2%” con una serie di acquisizioni di partecipazioni nel Gotha della borsa di Milano, superando di slancio la banca centrale norvegese e avvicinando il fondo Blackrock nella classifica dei grandi investitori azionari in Italia. People Bank of China tra primavera dell’anno scorso e inizio 2015 investe circa 3,7 miliardi di euro acquistando quote del 2% in Eni, Enel, Generali, Telecom, Prysmian, Saipem e Terna. Potrebbero esserci poi altre partecipazioni sotto la soglia del 2% che non devono essere comunicate a Consob. E acquistare quote poco sopra il 2% significa voler farsi notare. Il bilancio per la banca centrale cinese è molto positivo. Grazie al rialzo di Piazza Affari, le quote detenute nelle società italiane presentano (ai valori odierni) una plusvalenza potenziale intorno ai 600 milioni di euro.
ENERGIA E MECCANICA Il forte impulso agli investimenti cinesi in Italia e in Europa è in controtendenza rispetto al flusso complessivo cinese. Nei primi nove mesi del 2014 gli investimenti cinesi all’estero sono scesi del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sfiorando i 70 miliardi di dollari, di cui il 75% in partecipazioni azionarie che hanno interessato quasi 3mila imprese in 146 paesi, ed è di tutta evidenza l’incidenza dello shopping in Italia (quasi il 10% del totale). Nel resto del vecchio continente non mancano operazione di un certo clamore come l’ingresso di Dongfeng nel gruppo Peugeot. Ma l’interesse di Pechino per l’Italia va oltre la campagna acquisti di aziende e partecipazioni. A ottobre il premier cinese Li Keqiang arriva a Roma per la prima volta e incontra il presidente del consiglio Matteo Renzi per firmare a Palazzo Chigi una nutrita lista di accordi economici. Tra i principali: l’intesa da 3 miliardi di euro tra Cdp e China Development Bank per investimenti congiunti in Italia e in Cina; un memorandum d’intesa da un miliardo di euro tra Fondo Strategico Italiano e China Investment Corporation. E poi accordi tra Enel e Bank of China, Finmeccanica e Beijing General Aviation, Intesa Sanpaolo e la banca per l’import-export cinese.