Pedofilia, terremoto per Chiesa cilena dopo incontro col Papa

Pedofilia, terremoto per Chiesa cilena dopo incontro col Papa
Padre Fernando Karadima, oggi ottuagenario, nel 2011 è stato condannato dalla congregazione vaticana per la Dottrina della fede per abusi sessuali sui minori
19 maggio 2018

Terremoto per la Chiesa cilena. I vescovi (31 tra ordinari e ausiliari) hanno rassegnato in blocco le dimissioni nelle mani del Papa che li aveva convocati a Roma per un vertice straordinario sullo scandalo della pedofilia del clero (14-17 maggio). Il problema è esploso attorno alla figura di padre Fernando Karadima, oggi ottuagenario, carismatico prete dell’alta società della capitale cilena all’epoca della dittatura di Augusto Pinochet con buoni rapporti in Vaticano nella cerchia wojtyliana. Nel 2011 è stato condannato dalla congregazione vaticana per la Dottrina della fede per abusi sessuali sui minori. Alcune vittime hanno accusato di aver coperto le loro denunce diversi maggiorenti della Chiesa cilena, e in particolare presuli come Juan Barros, attuale vescovo di Osorno, che da giovani sono stati allievi di Karadima. Dopo aver nominato monsignor Barros ad Osorno ed averlo difeso, da ultimo nel suo recente viaggio in Cile a gennaio scorso, il Papa, in seguito alle critiche che le sue parole hanno suscitato, ha cambiato idea, inviando un suo inviato in Cile per indagare, mons. Charles Scicluna, scrivendo una lettera ai vescovi cileni, lo scorso otto aprile.

Nella missiva, Francesco riconosceva “gravi errori di valutazione e percezione”, annunciava che avrebbe ricevuto a Roma tre note vittime di Karadima, José Andrés Murillo e James Hamilton (che ha lungamente incontrato a fine aprile), per chiedere loro perdono, e convocava la conferenza episcopale cilena a Roma per “dialogare sulle conclusioni” dell’indagine di Sciclina. Giunti a Roma nel fine settimana scorso, i presuli hanno incontrato Francesco una prima volta martedì sera, per una breve mezz’ora durante la quale il Papa si è limitato a consegnare loro “un testo con alcuni temi su cui meditare”, poi, 24 ore dopo, li ha ricevuti mercoledì alle 18, e nuovamente questa mattina alle 10.30. Ieri pomeriggio l’ultimo incontro e oggi due vescovi portavoce hanno letto una drammatica dichiarazione davanti alla stampa in una sala del Vaticano. “Dopo tre giorni di incontri con il Santo Padre e molte ore dedicate alla meditazione e alla preghiera, seguendo le sue indicazioni, noi vescovi del Cile desideriamo dichiarare quanto segue”, hanno affermato i vescovi in un testo letto in spagnolo e italiano alla stampa da monsignor Fernando Ramos Perez e monsignor Juan Ignacio Gonzalez Errazuriz.

“In primo luogo, ringraziamo Papa Francesco per il suo ascolto da padre e la sua correzione fraterna, ma soprattutto vogliamo chiedere perdono per il dolore causato alle vittime, al Papa al popolo di dio e al nostro paese per i nostri gravi errori e omissioni commesse. Ringraziamo anche a mons. Scicluna e al reverendo Jordi Bartomeu (che il Papa aveva inviato in Cile ad ascoltare le vittime, ndr.) per la dedizione pastorale e personale, nonché per lo sforzo investito nelle ultime settimane per cercare di sanare le ferite della società e della chiesa del nostro paese. Ringraziamo le vittime per la loro perseveranza e il loro coraggio nonostante le enormi difficoltà personali spirituali sociali e famigliari che hanno affrontato unite spesso alle incomprensioni e agli attacchi della stessa comunità ecclesiale. Ancora una volta imploriamo il loro perdono e aiuto per continuare ad avanzar sul cammino della guarigione per cicatrizzare le ferite. In secondo luogo vogliamo comunicare che per iscritto abbiamo rimesso i nostri incarichi nelle mani del Santo Padre perché decida liberamente per ciascuno di noi. Ci poniamo in cammino, sapendo che questi giorni di dialogo onesto hanno rappresentato una pietra miliare di un profondo processo di cambiamento guidato da Papa Francesco e in comunione con lui vogliamo ristabilire la giustizia dal danno causato per dare nuovo impulso alla missione profetica della Chiesa in Cile il cui centro avrebbe sempre dovuto esser Gesù Cristo. Desideriamo che il volto del Signore torni a risplendere nella Chiesa e ci impegniamo per questo con umiltà e speranza e chiediamo a tutti di aiutare a percorre questa strada. Seguendo le raccomandazioni del Santo Padre chiediamo che in queste ore difficili ma piene di speranza la chiesa sia protetta dal Signore e dalla Vergine del Carmen”.

Il Papa “nelle prossime settimane”, hanno precisato i vescovi cileni, deciderà se accettare o respingere le dimissioni, valutando prevedibilmente caso per caso. Delicata anche la situazione del cardinale Francisco Errazuriz, arcivescovo emerito di Santiago del Cile (dunque non si può dimettere perché già in pensione) e membro del consiglio dei nove cardinali che coadiuvano il Papa nella riforma della Curia romana, il cosiddetto C9, e del nunzio apostolico Ivo Scapolo, che nelle settimane scorse è stato riservatamente a Roma e non è poi stato invitato – segno di un certo gelo – all’incontro del Papa con i vescovi del paese. In attesa delle decisioni che prenderà, intanto, è emersa con maggiore chiarezza la diagnosi che il Papa ha fatto di tutto lo scandalo degli “abusi di potere, di coscienza e sessuali” avvenuti nella Chiesa cilena.

Il telegiornale della televisione cilena Antena 13, T13, ha infatti pubblicato oggi la meditazione riservata che Jorge Mario Bergoglio aveva consegnato martedì sera ai vescovi. Il problema degli abusi sessuali sui minori e dell’insabbiamento delle denunce non si risolve “solo con la rimozione di persone, che pure bisogna fare”, ma “non è sufficiente”, scrive il Papa, che spiega che la soluzione non è trovare un “capro espiatorio” (“Morto il cane, passata la rabbia”) ma bisogna andare alla “radice” di una crisi di “sistema”. Nelle note del testo di dieci cartelle, in particolare, il Papa scrive che alcuni religiosi, espulsi dai loro rispettivi ordini per gli abusi commessi, sono stati accolti da altre diocesi e hanno ricevuto incarichi che li hanno portati a contatto con bambini e ragazzi.

Francesco ha criticato il modo con cui sono state condotte le indagini sugli abusi: le denunce ricevute “sono state qualificate come inverosimili” mentre rappresentavano “gravi indizi” (così è accaduto anche all’inizio del caso Karadima). Certe inchieste non sono state realizzate e si sono verificate negligenze nella protezione dei bambini da parte dei vescovi e dei superiori religiosi. Ci sono state anche – sottolinea il Papa – pressioni su coloro che dovevano fare i processi, e c’è stata anche “la distruzione di documenti” compromettenti. Si sono verificati problemi nei seminari: vescovi e superiori religiosi hanno affidato la guida dei seminari a sacerdoti sospetti praticare l’omosessualità. La Chiesa cilena, ha scritto ancora il Papa nel documento, “ha perduto il suo centro e si è concentrata su se stessa”.

Non c’è stata sufficiente attenzione alle vittime e gli atteggiamenti di messianismo, elitarismo e clericalismo “sono sinonimi di perversione ecclesiale”. Non c’è dunque solo il caso Karadima-barros (in questi giorni, peraltro, in Cile stanno tornando alla luce le accuse di abusi ai fratelli marisit). Sanare e superare lo scandalo della pedofilia, dunque, è per il Papa occasione di rilanciare il ruolo stesso della Chiesa nella società cilena. Le vittime di Karadima ricevute nelle scorse settimane a Casa Santa Marta dal Papa intanto, hanno commentato con soddisfazione la notizia su Twitter. “Per dignità, giustizia e verità: lasciano tutti i vescovi. Delinquenti. Non hanno saputo proteggere i più deboli, li hanno esposti agli abusi e invece hanno impedito la giustizia. Per questo, meritano semplicemente di andarsene”, ha scritto José Andrés Murillo. “I vescovi cileni hanno rinunciato TUTTI. E’ inedito ed è un bene. Questo cambia le cose per sempre”, ha commentato Juan Carlos Cruz. askanews

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