Cinque amni di reclusione 5 mila euro di multa. Questa la condanna inflitta dal Tribunale della Citta’ del Vaticano a monsignor Alberto Capella, il consigliere di nionziatura reo confesso. Cinque anni e nove mesi di reclusione, piu’ 10mila euro di multa era invece la richiesta dei promotori di giustizia vaticani, Gian Piero Milano e Roberto Zanotti.
Carlo Alberto Capella, l’ex funzionario Vaticano e’ stato arrestato il 7 aprile scorso.
Detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico, il reato contestato nella seconda e ultima udienza di oggi, durata circa tre ore, dalle 9.40 alle 12.40. “Gli errori che ho fatto sono evidenti, ed evidente e’ anche il fatto che si riferiscono a un periodo di fragilita’. Sono dispiaciuto che la mia debolezza abbia inciso sulla vita della Chiesa, della Santa Sede e della diocesi e sono addolorato per la mia famiglia”. “Spero che questa situazione – ha aggiunto – possa essere considerata un incidente di percorso nella mia vita sacerdotale, che amo ancora di piu'”. “Voglio continuare il sostegno psicologico”, ha proseguito Capella. “Spero che questo processo possa essere di qualche utilità nel corretto inquadramento dei fatti”, ha detto il sacerdote prima del l’inizio della Camera di Consiglio, in una dichiarazione spontanea dopo che i pm gli avevano contestato il reato di detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico ed era stata chiesta dall’accusa una pena di di nove mesi piu’ alta e con 10mila euro di multa.
Il promotore di giustizia Milano aveva cominciato la sua requisitoria sgombrando il campo da ogni dubbio circa la titolarita’ della giurisdizione vaticana: per la Santa Sede, infatti, qualsiasi reato commesso da un pubblico ufficiale vaticano, in qualsiasi territorio, e’ un reato competente per lo Stato della Citta’ del Vaticano. Riguardo al materiale sequestrato, la legislazione vaticana – ha detto il rappresentante dell’accusa – e’ molto piu’ restrittiva rispetto a quella italiana, in quanto non distingue tra immagini reali e virtuali. Di qui la pregnanza della “ingente quantità”, dimostrata anche dal fatto che le immagine scaricate dal cellulare di Capella sono state archiviate in un cloud e consultate in diversi punti, l’ultima volta nell’ottobre del 2017. Segno, quindi, di “un comportamento reiterato nel tempo che non e’ mai venuto meno”, come dimostra anche l’attivita’ in chat su Tumblr. Le immagini, inoltre, quando venivano condivise erano accompagnate da “apprezzamenti”. Nelle chat, infine, “si prospettavano anche incontri reali”.
“Non era una captazione accidentale e fortuita di materiale, ma l’indice di una attività illecita di ingente quantità”, il rilievo dell’accusa, che ha ricordato come la legge vaticana del 2010, voluta da Papa Ratzinger, inserisce lo scambio di materiale pedopornografico nei “delicta graviora”, quelli cioe’ che riguardano le offese alla fede e alla morale. Quest’ultima considerazione era stata pero’ contestata dall’avvocato difensore di Capella, Roberto Borgogno, in quanto, secondo il legale, l'”ingente quantita’”, non viene definita precisamente dalla legislazione vaticana. Per quella italiana, ha fatto notare il legale, si parla di ingente quantita’ a partire da 100 immagini (quelle riscontrate nei dispositivi di Capella oscillerebbero tra 40 e 55). Poi l’avvocato si e’ soffermato sul profilo psicologico del suo assistito: “Questi comportamenti – ha detto – non sono indice di pericolosita’ ma di un disagio: non si puo’ sempre parlare di detenzione, ci sono terapie e percorsi riabilitativi che le autorita’ ecclesiastiche ben conoscono. C’e’ la possibilita’ di un cammino terapeutico”. Nella memoria del consulente psichiatrico depositata agli atti, inoltre, emerge “lo studio di una personalita’ che non dimostra affatto tendenze di pedofilia o parafilia”. Per questo la richiesta dell’avvocato e’ stata che “la pena sia contenuta nei minimi applicabili”.