Nelle intenzioni dell’esecutivo il tema non è varare una nuova riforma delle pensioni, anche per non spaventare il governo di Bruxelles e le altre istituzioni internazionali. Non si torna indietro, nessuna volontà di azzerare o modificare profondamente la legge Fornero come invece chiedeva il sindacato. La priorità dei provvedimenti proposti alle tre confederazioni è quella di introdurre elementi di flessibilità nell’età di pensionamento e ristabilire principi di equità per risolvere alcune emergenze sociali prodotte soprattutto dalla riforma Fornero. Le risorse però non sono molte. Fino a oggi il Governo ha fatto intendere che la disponibilità potrebbe essere inferiore ai 2 miliardi di euro (il quadro sarà più chiaro con la Nota di aggiornamento al Def, il cui via libera è previsto a ore). Per Cgil, Cisl e Uil sono ancora troppo poche. L’Ape sarà comunque un reddito ponte e non un vero e proprio assegno pensionistico. Sarà agevolato o del tutto gratuito per le categorie di lavoratori più deboli, quindi pagato interamente dallo Stato. Poi ci sarà un piccolo contributo, con gradualità, mano a mano che il reddito supererà una certa soglia. Il Governo potrebbe fissarla a 1.500 euro lordi, circa 1.200 netti. I sindacati, in particolare la Cgil vorrebbero invece aumentarla a 1.650 euro. Poletti e Nannicini puntano a chiudere un accordo già domani. I sindacati, soprattutto Cgil e Uil, sembrano di tutt’altro avviso. Tra gli altri interventi è previsto l’allineamento della no tax area a quella dei lavoratori dipendenti, alzando il tetto per tutti i pensionati a 8.124 euro contro quello di 7.750 euro l’anno riconosciuto sotto 75 anni. Il costo previsto è di 260 milioni.