di Enzo Marino
Domani il “nodo pensioni” approda sul tavolo del Consiglio dei ministri, ma resta ancora da decidere se il decreto che risolve l’impasse aperto dalla sentenza della Consulta sarà varato domani stesso oppure rinviato a dopo le Regionali. Quel che è certo è che domani il tema sarà affrontato in modo collegiale all’interno dell’esecutivo per cercare di arrivare a una soluzione che ottemperi alla sentenza con un impatto minimo sui conti. L’opzione del rinvio di qualche settimana, oltre a essere vista con favore da palazzo Chigi e parte della maggioranza, potrebbe servire anche all’Inps per perfezionare stime e calcoli. Il governo potrebbe anche decidere di optare per una soluzione ponte senza cifre e con i soli criteri di gradualità sui cui sviluppare tutta l’operazione. Al momento la proposta dei tecnici del ministero dell’Economia è pronta e prevede percentuali di rimborso a scendere a mano a mano che sale l’importo degli assegni. Il rimborso pieno dovrebbe essere garantito solo per chi percepisce un assegno fino a 3 volte il minimo (circa 1.500 euro lordi), si scenderebbe poi all’80% per coloro che percepiscono fino a 2mila euro, al 60% nella fascia fino a 2.500 euro di trattamento per poi azzerarsi per gli assegni più alti.
Resta aperta, inoltre, la possibilità di limitare la restituzione a uno solo dei due anni (2012 e 2013) bloccati dal governo Monti. Al momento le risorse a disposizione per i rimborsi ammontano a 2,5-3 miliardi di euro con impatto sul solo 2015 e dovrebbero arrivare dall’utilizzo del famoso ‘tesoretto’ da 1,6 miliardi spuntato in dote per quest’anno dalle pieghe del Def (cioè dalla differenza fra il quadro programmatico e quello tendenziale) e da misure aggiuntive di spending review. Sembra, invece, esclusa l’ipotesi di far ricorso alla voluntary disclosure. Un punto fermo per il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è che non si tocchi l’obiettivo del deficit nominale al 2,6% indicato nel Def. La guardia di Bruxelles, infatti, resta alta e un’eventuale sforamento del tetto del 3% porterebbe l’Europa ad aprire un faro sull’Italia e congelare la possibilità già accordata di poter usufruire della clausola delle riforme. Intanto, martedì prossimo il titolare di via Venti Settembre, che continua ad avere contatti serrati con palazzo Chigi, riferirà davanti alle commissioni congiunte Bilancio e Lavoro di Camera e Senato.