La Grecia vive ancora un’altra giornata difficile sui mercati finanziari con la borsa di Atene in calo di oltre il 2% e il rendimento dei titoli di Stato che non riesce a scendere e soprattutto con l’inversione della curva dei rendimenti. Il bond di Atene a tre anni mostra un rendimento al 14,2% dopo aver superato il 15%, la scadenza a cinque anni è all’11,8% e il decennale al 10,27%. Il partito di opposizione Syriza continua ad essere in testa nei sondaggi in vista delle politiche del 25 gennaio e gli investitori lasciano il paese. Anche se il dossier “Grexit” è sul tavolo i mercati temono soprattutto l’ipotesi di una nuova ristrutturazione del debito greco. In totale, secondo i dati della banca centrale di Atene, la Grecia siede su una montagna di oltre 400 miliardi di debito estero, comprendendo anche i programmi di aiuti della Troika.
Un’altra sforbiciata al valore dei crediti vantati nei confronti di Atene è prospettiva che allarma. Secondo i dati della Bri a fine giugno 2014 le banche estere presentavano un’esposizione nei confronti della Grecia di quasi 54 miliardi di euro ai quali vanno sommati altri 34 miliardi di potenziale esposizione sotto forma di derivati (7,5 miliardi), estensione di garanzie (19,5 miliardi) e impegni di credito (7 miliardi). L’Italia è poco esposta nei confronti di Atene. In particolare le banche italiano presentano solo 907 milioni di cui soltanto 318 milioni nei confronti del settore pubblico e appena 56 milioni verso le banche greche. Inoltre figurano 671 milioni di potenziale esposizione.
Ben poca cosa rispetto ai quasi 6 miliardi di fine 2010 prima dell’esplosione della crisi greca. In totale le banche europee sono esposte sulla Grecia per 34,8 miliardi di cui quasi 14 miliardi in carico sulle banche tedesche, più 3 miliardi di potenziale esposizione (1,5 miliardi di derivati e 1,2 miliardi di impegno di crediti). Subito dopo figurano le banche britanniche con 13,2 miliardi mentre al primo posto ci sono gli istituti americani con 18 miliardi e altri 18,3 miliardi di potenziale esposizione. Le banche francesi invece hanno realizzato la più massiccia fuga dagli asset greci. Nel 2010 presentavano una esposizione di di quasi 57 miliardi che si è ridotta a 2,2 miliardi. Poi c’è l’esposizione degli Stati. L’Italia ha partecipato al primo salvataggio di Atene con un prestito bilaterale di 10 miliardi di euro attraverso l’emissione di debito pubblico compensato da un credito di pari ammontare nell’attivo della Repubblica Italiana.
Il secondo salvataggio della Grecia e gli aiuti a Portogallo e Irlanda vennero realizzati attraverso il primo fondo salva stati, l’Efsf, che emetteva obbligazioni sul mercato. Per l’Italia la partecipazione ha fatto salire il debito pubblico di altri 34 miliardi di euro, con contestuale aumento degli attivi. Gli aiuti a Cipro e alle banche spagnole sono stati infine realizzati con l’Esm, il nuovo fondo salva stati, che è un soggetto a sé stante ed i prestiti che eroga non fanno debito pubblico e la quota italiana nel capitale è ammontata a 14 miliardi. In totale il contributo dei conti pubblici italiani ai salvataggi supera i 60 miliardi considerando anche la partecipazione al Fmi e all’Unione europea. Al momento tuttavia i salvataggi non rappresentano alcun costo per l’Italia e potrebbero addirittura garantire qualche guadagno.