Piantedosi difende l’uso delle fascette per i migranti trasferiti in Albania: “Una pratica regolare e necessaria”

Matteo Piantedosi

Matteo Piantedosi

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, è intervenuto con fermezza durante la conferenza stampa conclusiva del vertice MED5 a Napoli per affrontare le polemiche sull’utilizzo di fascette stringitubo per immobilizzare i polsi dei migranti trasferiti in Albania. Una pratica che ha acceso il dibattito pubblico, ma che il ministro ha definito “una misura standard, pienamente legittima e conforme alla normativa vigente”.

“Una scelta condivisa e rivendicata”

Con un tono deciso, Piantedosi ha respinto ogni accusa di irregolarità, ribadendo che l’uso delle fascette non rappresenta un atto discriminatorio o arbitrario, bensì una procedura operativa adottata dagli operatori di polizia in piena autonomia. “Non si tratta di prendere le distanze”, ha dichiarato il ministro, “io rivendico e condivido questa decisione”.

Secondo Piantedosi, la misura è stata presa per garantire la sicurezza degli operatori di polizia e per prevenire eventuali rischi durante il trasferimento. “Sono persone trasferite in una condizione di limitazione della libertà personale, anche su provvedimento dell’autorità giudiziaria”, ha spiegato. “Non limitarne la libertà di movimento avrebbe esposto il personale addetto all’accompagnamento a situazioni potenzialmente pericolose.”

Un dilemma economico e logistico

Il ministro ha inoltre evidenziato come l’alternativa – aumentare il numero di agenti e mezzi per garantire un trasporto senza fascette – sarebbe stata insostenibile dal punto di vista economico. “Avremmo dovuto quadruplicare il numero di operatori in accompagnamento, impiegando almeno un’altra nave”, ha affermato. “E ci avreste accusato di spendere soldi pubblici in modo irresponsabile.”

I precedenti penali dei migranti trasferiti

Piantedosi ha fornito dettagli significativi sulla natura dei soggetti coinvolti nel trasferimento, cercando di giustificare ulteriormente la decisione. Su 40 migranti trasferiti, ben 5 hanno precedenti penali per violenze sessuali, uno per tentato omicidio, altri per reati legati alle armi, ai furti, alla resistenza a pubblico ufficiale e alle lesioni personali. “C’è un ampio campionario di precedenti che lascia individuare la caratterizzazione di queste persone come pericolose”, ha sottolineato il ministro. “In quanto tali, sono state oggetto di trattenimento in conformità con la legge italiana.”

Critiche e contrapposizioni

L’uso delle fascette ha inevitabilmente sollevato critiche da più fronti. Per alcuni osservatori, si tratta di una misura disumana e degradante, che viola i diritti fondamentali delle persone coinvolte. Altri, invece, sostengono che la sicurezza degli operatori debba essere prioritaria, soprattutto quando si tratta di individui con gravi precedenti penali.

Piantedosi ha cercato di smorzare le polemiche, ribadendo che le procedure adottate sono state valutate attentamente e rispondono a criteri di proporzionalità e necessità. Tuttavia, il dibattito rimane acceso, alimentato dalle diverse sensibilità politiche e sociali sul tema dell’immigrazione e della gestione dei flussi migratori.

Un equilibrio difficile tra sicurezza e diritti

Il caso delle fascette ai polsi dei migranti trasferiti in Albania rappresenta un esempio emblematico delle sfide che le istituzioni devono affrontare nel gestire situazioni complesse e delicate. Da un lato, le autorità devono garantire la sicurezza del personale e prevenire eventuali incidenti durante il trasferimento di individui considerati pericolosi. Dall’altro, l’uso di strumenti di coercizione come le fascette può essere percepito come una violazione della dignità umana, soprattutto se applicato indiscriminatamente.

Con le sue dichiarazioni, Matteo Piantedosi ha voluto mettere fine alle polemiche, difendendo una pratica che, secondo lui, rientra nella normale attività operativa delle forze dell’ordine. Tuttavia, il caso rimane un terreno fertile per il dibattito pubblico, che oscilla tra la necessità di garantire la sicurezza e il rispetto dei diritti umani. Una questione che, inevitabilmente, continuerà a dividere opinioni e posizioni nei prossimi giorni.