L’arte contemporanea si nutre di lezioni radicali che la storicizzazione degli artisti riesce solo in parte, per così dire, a normalizzare. E così accade che una delle gallerie d’arte più importanti al mondo, Hauser & Wirth, presenti nella propria sede di New York due mostre su Piero Manzoni che restituiscono in pieno la portata rivoluzionaria del suo lavoro. Le esposizioni, ciascuna ospitata su un intero piano della galleria di Chelsea, sono dedicate ai “Materials of His Times” e alle “Lines”, entrambe con la curatela della direttrice della Fondazione Piero Manzoni di Milano, Rosalia Pasqualino di Marineo.
“Manzoni dal 1960 in poi – ha detto la curatrice ad askanews – approfondisce ancora di più le ricerche legate ai materiali, lasciandosi alle spalle la tela e il caolino degli Achrome, ma approdando a materie sintetiche nuove, come il polistirolo, le lane e i tessuti sintetici, o materiali ancora più particolari come il cloruro di cobalto che cambia colore con l’umidità, la vernice fosforescente, che portano a quadri che messi al buio diventano brillanti, o anche la paglia con vernice riflettente, il cotone idrofilo, allontanandosi sempre di più dall’idea della pittura”.
In questo senso il percorso espositivo apre nuovi scenari sulla lettura del lavoro di Piero Manzoni, che appare venato di una forza radicale alla radice, tanto da suggerire, forse anche per via delle suggestioni newyorchesi, paralleli fantascientifici, per esempio tra le fibre di lana sintetica di alcune opere in mostra e le pecore elettriche dello scrittore Philip Dick, quello di “Blade Runner”, per intenderci. Ma al di là delle porte che si possono forzare, resta la grande opportunità di riguardare due filoni del lavoro dell’artista italiano, sia alla luce di quanto è potuto venire dopo di lui e grazie a lui, sia per approfondire in generale la conoscenza della sua opera. “La nostra missione – ci ha spiegato Karin Seinsoth, direttore della sezione Artist and Estate Liaison di Hauser & Wirth – è cercare di fare conoscere Piero Manzoni qui in America e portarlo a un pubblico che forse ancora non lo ha scoperto come dovrebbe e soprattutto questo focus sui materiali e sull’aspetto più concettuale del lavoro di Manzoni fa parte della strategia di quello che vogliamo raggiungere”.
Il concettuale, appunto. Già nella sezione dedicata ai materiali gli spunti non mancavano di certo, ma al piano superiore, quando si entra nel mondo delle Linee, il ragionamento si amplifica, lasciatecelo dire, fino ad andare oltre l’idea stessa delle dimensioni, grazie soprattutto alla celebre “Linea di lunghezza infinita”. “Le Linee non rappresentano niente, come peraltro tutto il lavoro di Manzoni – ha voluto sottolineare Rosalia Pasqualino di Marineo – ma per l’artista sono comunque la serie più importante che ha realizzato in parallelo a quella degli Achrome”.
Una serie che implica un lavoro fisico, come documentato per la realizzazione in Danimarca della colossale Linea da 7,2 km, ma anche una forte sensazione di soglia da superare, magari perfino camminandoci sopra, che ha a che fare con l’andare oltre l’idea di opera d’arte per come era stata intesa fino a quel momento. Dopo le Linee tutto cambia, dopo le Linee si apre un territorio che, in letteratura, è quello di Samuel Beckett, quello di un’arte che non può più pensare il mondo intero, ma lo prova a ricomporre attraverso dei singoli tasselli, dei frammenti. Le mostre newyorchesi, che presentano anche una sezione dedicata ai libri e ai documenti su Manzoni della collezione di Guido e Gabriella Pautasso, restano aperte da Hauser & Wirth sulla 22nd Street fino al 26 luglio.