Non “un partitino” ma una “rete”: con l’iniziativa “La prima cosa bella” nasce ufficialmente il Campo progressista di Giuliano Pisapia, con due obiettivi. Il primo è costruire un “nuovo, ampio centrosinistra capace di dialogare ma anche di prendere decisioni”; il secondo, spiega ancora l’ex sindaco di Milano dal palco del teatro Brancaccio di Roma, è che la nuova area sia “vincente”, perché “siamo stufi di fare le elezioni e non riuscire a vincerle”. Molte teste imbiancate, di popolo e dirigenti della sinistra, al Brancaccio, ma nell’organizzazione della giornata, e Pisapia lo fa notare, ci sono tanti giovani. Latitano le bandiere rosse, i simboli della sinistra storica si riducono agli immancabili venditori militanti del quotidiano il manifesto. La giornata è largamente egemonizzata dalle esperienze civiche, dell’associazionismo e del volontariato, delle quali parla a lungo lo stesso fondatore di Cp, raccontando le sue esperienze degli ultimi mesi in giro per l’Italia.
E per costruire la sua rete, Pisapia affida ad Alessandro Capelli, già delegato alle politiche giovanili del Comune di Milano, il lancio delle Officine delle idee (dopo i cantieri, le fabbriche, le convenzioni, i campi e i forum, saranno il nuovo tentativo di rianimare dal basso la partecipazione ai destini della sinistra). Unico politico a parlare dal palco, a parte Pisapia, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, nel congresso Pd schierato con Andrea Orlando. “Abbiamo bisogno di un popolo – dice – che si rimetta in cammino e riscopra la bellezza delle parole ‘pluralismo’ ed ‘unità’, perché quando queste due parole vivono insieme nel centrosinistra noi vinciamo”. Pisapia, dal canto suo, garantisce “non ci presenteremo alle amministrative” e per favorire la ricucitura dei mille strappi a sinistra lancia un appello alla gentilezza: “Che senso ha insultare l’avversario, l’amico, il compagno?”. Ma con chi va costruito questo centrosinistra? Pisapia, la cui proposta era stata male accolta a sinistra, dopo il 4 dicembre, perché sospettata di connivenza con il renzismo, ai giornalisti dice che Renzi non è un avversario, “non ne ho, lavoro per conto mio”, spiega.
Ma incassa l’applauso più convinto dalla platea quando chiede “discontinuità di metodo e di merito” con gli ultimi anni. Critica il metodo “dell’uomo solo” e le chiusure al dialogo con sindacati e corpi intermedi. Chiede che al Lingotto oltre all’autocritica dimostrino di capire che serve “svoltare” politicamente. E pone la sua unica pregiudiziale: “Il giorno delle primarie il Pd ci dica se vuole un nuovo centrosinistra o appoggiarsi a Ncd e Verdini”. Per Pisapia bisogna rilanciare “lo spirito della coalizione” e del “primo Ulivo”, per questo approva l’idea di Renzi di tornare al Mattarellum per battere “i populismi e la destra”. L’occasione del Brancaccio richiama leader e personalità note del centrosinistra e del sindacato. Maurizio Landini, segretario della Fiom Cgil, chiede di “riunire il mondo del lavoro” prima del centrosinistra. Laura Boldrini, presidente della Camera, auspica “un momento di sintesi” dopo “le divisioni”. “Discontinuità radicale a partire da lavoro, scuola, inclusione sociale e ambiente”, chiede Roberto Speranza, leader di Mdp. Si fa vedere anche Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ma precisa che “con Renzi e il suo Pd non è possibile alcuna alleanza”.