“Plasticus”, una nuova specie marina già contaminata dai rifiuti

5 marzo 2020

Eurythenes plasticus, è stato ribattezzato così questo piccolissimo crostaceo scoperto da poco dai ricercatori dell’Università di Newcastle negli abissi della fossa delle Marianne nell’Oceano Pacifico. Un nome che non è di certo un vanto. Pur vivendo, infatti, nelle profondità, alcuni individui di questa specie hanno ingerito plastica, mostrando la presenza di tracce di PET (polietilene tereftalato), segno che i mari sono inquinati e pieni di rifiuti anche nei luoghi più profondi e remoti della Terra.

La ricerca su questa nuova specie, supportata dal WWF, è stata pubblicata sulla rinomata rivista scientifica Zootaxa e Alan Jamieson, ricercatore capo presso l’Università di Newcastle, ha spiegato che “il nome Eurythenes plasticus è stato scelto perché si voleva sottolineare il fatto che dobbiamo agire immediatamente per fermare lo tsunami di rifiuti di plastica che si riversa negli oceani”.

Il viaggio della plastica verso organismi marini è lungo e solitamente parte dai paesi industrializzati, tra cui l’Italia: nell’area mediterranea siamo il maggiore produttore di manufatti in plastica e il secondo più grande produttore di rifiuti di plastica: ne generiamo quasi 4 milioni di tonnellate l’anno. Una volta arrivati in acqua, i rifiuti si frammentano in microplastiche e nanoplastiche che si diffondono e vengono ingerite dagli animali marini. Ogni minuto almeno un carico di camion di rifiuti di plastica entra nei nostri oceani ricorda il WWF che ha lanciato una petizione mondiale in questo senso già firmata da oltre 1,6 milioni di persone in tutto il mondo.

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