Nessun reato per la Sea Watch. La Procura di Catania ha avviato un’inchiesta sullo sbarco di 47 migranti della nave Sea Watch. Il fascicolo, a carico di ignoti, ipotizza l’associazione a delinquere finalizzata all’agevolazione dell’immigrazione clandestina. Mentre come sottolinea il procuratore Carmelo Zuccaro, dalle risultanze investigative sul soccorso in mare, “non e’ emerso alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della nave della Ong”.
Le indagini, affidate allo Sco della polizia di Roma, alla squadra mobile della Questura e alla guardia di finanza di Catania, sono “finalizzate ad individuare i trafficanti libici e gli scafisti che hanno condotto il gommone poi soccorso dalla Sea Watch 3 ed accertare la liceita’ della condotta tenuta dai responsabili” della nave della Ong. Su quest’ultimo punto, le attenzioni degli investigatori si sono concentrate su “alcuni aspetti critici ritenuti meritevoli di approfondimento”, costituiti da “un lato dalla scelta della motonave di non dirigersi verso le coste tunisine, come fatto da alcuni pescherecci che in condizioni di mare critiche si erano rifugiati presso quelle coste”, dall’altro dalle dichiarazioni rese dal comandante della motonave e dal coordinatore del team sul “non funzionamento del motore e la mancanza di una persona che fosse alla guida del gommone, dichiarazioni che apparivano contraddette da quelle rese da alcuni migranti che hanno invece asserito che il motore del gommone era funzionante al momento del soccorso e che il natante era guidato da uno di loro”.
Ma su quest’ultimo punto, osserva il procuratore Zuccaro, “la situazione di ‘distress’ giustificava il soccorso da parte di Sea Watch 3” che “era dovuta, oltre che alla palese inidoneita’ tecnica del gommone ad affrontare la traversata, alla circostanza, confermata dai migranti escussi, circa il progressivo sgonfiamento dei tubolari del gommone, da cui tutti sentivano fuoriuscire dell’aria, sgonfiamento che avrebbe inesorabilmente portato all’affondamento del natante” Inoltre, spiega il procuratore di Catania “la questione avrebbe rilevanza se la motonave si fosse affrettata a intervenire per anticipare l’intervento di una motovedetta delle autorita’ libiche, responsabili dell’Area Sar in cui stava operando, ma per ben due giorni nessuna motovedetta libica e’ intervenuta in quella zona”. “Dalle risultanze investigative – conclude il procuratore Zuccaro – non e’ emerso, pertanto, alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3”.
SEA WATCH, ‘NON E’ UNA VITTORIA, PORTI ITALIANI NON SONO CHIUSI’
“Apprendiamo che la nostra condotta non abbia ‘nessuna rilevanza penale’. Non si tratta di una vittoria: mai si dovrebbe verificare un tale accanimento contro chi svolge nelle migliori intenzioni un’attività umanitaria che cerca di colmare il vuoto lasciato in un’area dove le persone continuano a morire affogate, quando non sono ricondotte alle terribili vessazioni che trafficanti, aguzzini e carcerieri infliggono loro in Libia”. Lo scrive la Sea Watch in una nota sulle valutazioni della procura di Catania. “È indispensabile che le indagini si rivolgano alla lotta al traffico di esseri umani e alla difesa delle persone dagli abusi connessi a tale reato, e non alla società civile che si batte per la difesa della vita e della dignità umana in mare – sottolinea la Ong – Il caso Sea-Watch dimostra che, malgrado l’immenso sforzo di deterrenza, le acque e i porti italiani non sono chiusi”.
La Procura di Catania, riferisce la nota, “a conclusione di un’attenta attività di indagine, ha riconosciuto ‘la legittimità della necessità di un immediato intervento della Sea Watch’, in linea con l’obbligo di soccorso, e in mancanza del quale ‘il progressivo sgonfiamento dei tubolari del gommone (…) avrebbe inesorabilmente portato all’affondamento del natante’. Alla luce di quanto detto si ribadisce la piena legittimità dell’intervento della Sea-Watch 3, nonché degli altri assetti civili in mare, ed emerge come sia essenziale provvedere alla presenza di dispositivi idonei al soccorso per prevenire la perdita di vite umane nel Mediterraneo. La Procura rileva inoltre – ricorda la Ong – come ‘per ben due giorni nessuna motovedetta libica è intervenuta in quella zona. Ciò impone una seria riflessione circa l’incapacità della cosiddetta Guardia Costiera libica di provvedere a un’adeguata assistenza nella vastissima area Sar che le è stata riconosciuta e il cui intervento non può comunque tradursi in un rientro forzato in Libia delle persone che da lì fuggono.
“Il comunicato si conclude con considerazioni circa la navigabilità in sicurezza della Sea-Watch 3, la cui corretta registrazione, inopportunamente contestata in pubbliche dichiarazioni del governo, viene invece riconosciuta dalla Procura. Si evidenzia inoltre come la nave non sia idonea a ospitare più persone di quante ne sia concepita per trasportare. Facciamo presente in merito che, nell’ambito di un’operazione di soccorso – precisa Sea Watch – non si lasciano le persone in mare quando non via siano in loco assetti maggiormente idonei a farlo”. “In seguito al soccorso, la normativa predispone l’obbligo di assegnare un Pos, un ‘Posto Sicuro’, di destinazione ‘senza alcun ritardo’. Nessuna nave, di soccorso e non, indipendentemente dalla sua registrazione, è preposta alla permanenza a bordo per lunghi periodi dei naufraghi soccorsi. Nel caso specifico – chiarisce la Ong – in data 24 gennaio, la Sea-Watch 3 comunicava l’intenzione di dirigersi verso il porto di Siracusa proprio per via della condizione di precaria sicurezza a bordo legata alla situazione di rilievo umanitario risultante dal soccorso e protratta per via della mancata assegnazione di un Pos. Tale richiesta ha ricevuto un diniego immotivato da parte delle autorità italiane – conclude la Sea Watch – che l’hanno quindi deliberatamente costretta a restare in mare, all’ancora, a un miglio dalla costa, per 7 giorni”.