l dialogo teologico tra cattolici e ortodossi fa un passo avanti con l’approvazione di un documento da parte della commissione mista che è tornata a riunirsi a Chieti dal 15 al 22 settembre. La Russia, protagonista dell’accordo, ha poi rilanciato sul tema dell’uniatismo e dell’Ucraina. La sessione di lavoro della Commissione mista di dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa si è conclusa, l’altroieri, con l`approvazione unanime del documento intitolato “Sinodalità e primato nel Primo Millennio: verso una comune comprensione a servizio dell`unità della Chiesa”, focalizzato dunque su due questioni – la sinodalità dell’insieme dei vescovi e il primato del vescovo di Roma – prima dello scisma che divise Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa nel lontano 1054. Solo la delegazione della Chiesa ortodossa di Georgia – paese dove il Papa si recherà a fine mese, e dove ieri un piccolo gruppo di ortodossi ha protestato davanti alla nunziatura per questa visita – ha espresso il suo disaccordo su alcuni passaggi, dissenso che sarà richiamato in una nota del testo quando esso sarà pubblicato. Il risultato della commissione che ha svolto i propri lavori nella città del vescovo Bruno Forte è stato un indubbio passo avanti, tanto più che nella precedente sessione di lavoro di questa commissione, che si svolse ad Amman nel settembre del 2014, non venne raggiunto l’accordo, per l’obiezione di molti delegati ortodossi, e nel 2007, a Ravenna, i rappresentanti del Patriarcato di Mosca avevano abbandonato la sessione. Il capo della delegazione ortodossa russa, il metropolita di Volokolamsk (foto home col Papa), “ministro degli Esteri” del patriarcato di Mosca, ricevuto da Papa Francesco prima di andare a Chieti, ha poi rilanciato, proponendo di dedicare la prossima sessione allo stesso tema della sinodalità e del primato ma durante il secondo millennio.
Al contempo il presidente del dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato russo ha sottolineato che è necessario continuare la discussione sul cosiddetto “uniatismo”, ossia le comunità presenti in Oriente, ad esempio in Ucraina, ma “unite” a Roma, ossia cattoliche), affermando che ancora oggi si tratta di una pietra di inciampo nelle relazioni cattolico-ortodosse. “Immagino che saranno discussi i problemi che ci separano e che non arriveremo a un accordo su ognuno di questi punti. Tuttavia l’obiettivo del nostro dialogo non è arrivare a un accordo sulle questioni suella quali già ci capiamo ma di discutere i problemi che ci separano”, ha dichiarato Hilarion a quanto riporta lo stesso patriarcado di Mosca. “Il tema dell’uniatismo è uno di questi problemi, ed è di una attualità bruciante”. Il tema si intreccia con l’attualità ecclesiale e politica di un paese come l’Ucraina. Le divisioni tra filo-russi e filo-occidentali, infatti, si ripercuotono anche sui rapporti tra ortodossi, in particolare legati a Mosca, e cattolici. Tanto che i cattolici ucraini arrivarono a protestare quando, nei mesi scorsi, Papa Francesco definì quella ucraina una scandalosa “guerra tra cristiani”, affermando che si trattava invece di una “aggressione” da parte della Russia. A febbraio il superiore dei cattolici ucraini Sviatoslav Chevtchouk, anch’egli ricevuto di recente dal Papa, aveva criticato l’incontro tra Francesco e il patriarca russo Kirill, il primo della storia delle due Chiese. “Non si tratta solo di critiche ma di offese e attacchi ingiusti”, è tornato a commentare Hilarion in questi giorni. “Dobbiamo renderci conto che all’interno delle nostre Chiese ci sono persone che mettono ostacoli sulla nostra strada e dobbiamo ricordarcelo quando pensiamo al futuro del nostro dialogo”.
Un concetto che rivela come il rapporto tra cattolici e ortodossi, oltre le questioni teologiche, non solo si intreccia con la politica dei paesi coinvolti ma riguarda, ancor prima, i rapporti all’interno di ognuna della due Chiese. Per quanto concerne l’ortodossia, solo a giugno un sinodo promosso dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, non è alla fine stato, come Bartolomeo sperava, “panorotodosso” a causa del forfait dato all’ultimo dal patriarcato di Mosca, quello di Antiochia e quello georgiano e quello bulgaro. Lo stesso Bartolomeo, peraltro, era ospite di onore al recente incontro interreligioso per la pace organizzato ad Assisi da comunità di Sant’Egidio, diocesi locale e frati francescani e concluso martedì da Papa Francesco. Un summit al quale il patriarcato di Mosca non ha inviato delegati. I non facili rapporti tra patriarcato costantinopolitano, “primus inter pares” delle Chiese ortodosse, e patriarcato russo, quello ampiamente più rappresentativo (un terzo almeno dei circa trecento milioni di ortodossi sono russi), prevedibilmente proseguiranno. E continueranno a intrecciarsi con le vicende della Chiesa cattolica in Italia. Quando, ad esempio, il prossimo cinque dicembre Bartolomeo sarà a Bari in occasione della festa di San Nicola, patrono della città nonché della Chiesa russa, le cui reliquie sono state per secoli rivendicate da baresi e turchi. Oggi la cripta della chiesa di San Nicola è meta di pellegrinaggio dei fedeli ortodossi russi. Kirill, oggi patriarca, andò nel capoluogo pugliese nel 2004 quando era ancora metropolita. Nel 2009 l’allora Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano consegnò al presidente russo Dmitri Medvedev delle chiavi della chiesa di San Nicola. E dopo l’incontro tra Papa Francesco e Krill a Cuba tanto l’arciprete della Chiesa ortodossa russa a Bari, Andrey Boytsov, quanto il sindaco di Bari Antonio Decaro, hanno avanzato la disponibilità a ospitare un prossio incontro tra Francesco e Kirill, sempre in onore di San Nicola. Ma intanto arriverà Bartolomeo.