Vincenzo Pepe, è professore di Diritto costituzionale comparato e di Diritto dell’ambiente italiano e comparato presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. E’ anche il fondatore e presidente del Movimento Ecologista Europeo “FareAmbiente”, ed è considerato il leader dell’ambientalismo responsabile e ragionevole contro il fondamentalismo ideologico.
Professore Pepe, torna il progetto del Ponte sullo Stretto, ed il governo Meloni ha già riattivato la Spa pubblica che dovrà realizzare la grande opera. Voi di “FareAmbiente”, siete favorevoli?
“Assolutamente sì. Questa opera va fatta perché va nel senso dell’ecosostenibilità e oggi più di ieri c’è la consapevolezza che solo grazie alla realizzazione di questa grande opera, la Sicilia e la Calabria potranno adeguare le loro infrastrutture. Ci sono tanti ponti, tipo quello in Giappone di Akashi, ad una sola campata, di circa 4 chilometri più o meno quello dello Stretto. Una struttura, quella giapponese, collaudata con scosse di terremoto di 6,7 gradi della scala Richter. Oppure i ponti in Danimarca, in Norvegia, opere ecosostenibili e che riducono CO2 in atmosfera, obiettivo, quest’ultimo, posto dall’Europa a tutti i suoi Stati membri. Perché noi quindi non possiamo realizzare la nostra opera?”
C’è chi sostiene invece che prima di realizzare il Ponte, sarebbe più opportuno sia in Sicilia, sia in Calabria, fare strade e ferrovie. E’ d’accordo?
“Non sono d’accordo. Basta dire che attualmente soltanto il 5 per cento del traffico merci e passeggeri viaggia su rotaie in Sicilia e in Calabria. Quindi, bisogna incrementare questa percentuale che solo con la realizzazione del Ponte potrà avvenire, portando innanzitutto l’alta velocità che potrà essere realizzata solo attraverso questa grande opera”.
Siete tra le poche, se non l’unica associazione ambientalista che vuole il Ponte. Mentre la maggior parte è contraria all’opera, parlando di rischio della conservazione di ambienti marini e via dicendo.
“La visione di queste società ambientaliste è ideologica, poco moderna, post sessantottina. Basti pensare che i Verdi della Finlandia vogliono il nucleare. Mentre questi nostri ambientalisti sono contro la Tav, per dirne una, e oggi proprio la Tav è la modernità. Noi come “FareAmbiente” riteniamo che lo sviluppo sostenibile non è la negazione dello sviluppo, ma la sostenibilità è il calcolo dello sviluppo. Questa è la filosofia dell’ambientalismo pragmatico, moderno. Di per sé lo sviluppo comporta un rischio, ed è la scienza a dire qual è quello minore. Vorrei ricordare…”.
Prego.
“Centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo scelgono di visitare il ponte di Brooklyn a New York. Quando hanno realizzato la Torre Eiffel, comitati ambientalisti si sono schierati contro l’opera perché era impattante. Oggi, invece, da tutte le parti del mondo arrivano a Parigi per immortalarsi davanti a questa meravigliosa struttura. Parliamo di opere simbolo di progresso, di civiltà. Noi italiani, viceversa, la nostra creatività, la nostra tecnologia la esportiamo invece di usarla anche a beneficio del nostro paese. Nel caso specifico, sto parlando del ponte più grande del mondo realizzato in Cina con tecnologia italiana”.
In sostanza, per voi il Ponte sullo Stretto è il rischio minore.
“Assolutamente sì. Il Ponte è il rischio minore rispetto alle navi che giornalmente attraversano lo stretto, generando CO2. Per avere un’idea, con il Ponte sullo Stretto si ridurrebbero 140mila tonnellate all’anno di anidrite carbonica. E’ opportuno ricordare che sullo stretto di Messina viaggia una nave ogni cinque minuti, e ovviamente non ci sarà più questo traffico. Altra cosa da dire è che attorno ai piloni del ponte, si riattiverebbe il ripopolamento ittico, una sorta di oasi marina. Sono alcuni dei tanti elementi questi, che rendono l’opera ecosostenibile. Come è noto la nostra grande battaglia è ridurre l’inquinamento atmosferico, tutto il resto è ideologia, fondamentalismo, che prima o poi sì che nuocerà all’ambiente”.
E’ fiducioso sulla realizzazione del Ponte?
“Il governo si misura con il coraggio per realizzare le cose. Il governo lascia traccia di sé con le grandi infrastrutture”.