Il presidente uscente del Nicaragua Daniel Ortega ha conquistato il suo terzo mandato consecutivo con il 72% delle preferenze, con oltre i due terzi dei voti scrutinati, in un’elezione duramente contestata dall’opposizione. Come spiega il quotidiano spagnolo El Pais infatti Ortega ha imposto la moglie, Rosario Murillo, come vicepresidente, garantendo in tal modo una sorta di “dinastia familiare”; nonostante l’appello all’astensione, secondo i dati ufficiali la partecipazione ha superato il 65%. Ortega sembra quindi legittimare il suo modello di governo autoritario, instaurato nel 2007 – dopo 16 anni passati all’opposizione – e basato su un’alleanza con gli imprenditori, il controllo delle istituzioni statali e della stampa, e la totale esclusione dell’opposizione.
Il leader sandinista si trova tuttavia alle prese con un Paese politicamente diviso e con un contesto internazionale sempre più sfavorevole, con le sanzioni economiche approvate dall’Amministrazione Obama in attesa di ratifica del Congresso; inoltre, i programmi di assistenza sociale sono a rischio a causa della crisi venezuelana e del conseguente calo della cooperazione petrolifera (stimata in oltre 3,5 miliardi di dollari dal 2007 a oggi). A fare pressione per un cambiamento di rotta è anche la stessa Organizzazione degli Stati Americani (Osa), il cui Segretario generale, l’uruguaiano Luis Almagro, ha preparato un rapporto sulla situazione politica in Nicaragua che non è ancora stato presentato ufficialmente e che ha costretto Ortega a chiedere un negoziato diretto con l’organizzazione panamericana. Scartata dagli analisti l’ipotesi di una stagione di riforme in senso più democratico, resta da vedere quindi in quale modo Ortega resisterà al potere nei prossimi cinque anni: Murillo non rappresenta una garanzia assoluta di successione, dal momento che viene connsiderata inaffidabile dal settore imprenditoriale e anche all’interno dello stesso partito sandinista.