I venezuelani si recheranno domani alle urne per le elezioni presidenziali anticipate convocate da Nicolas Maduro e considerate dagli osservatori un espediente per rafforzare il proprio potere, malgrado la minaccia di nuove sanzioni da parte sia degli Stati Uniti che dell’Unione Europea. Di fatto, l’unico dubbio riguarda il dato effettivo dell’affluenza alle urne, dal momento che l’opposizione – che non è riuscita a trovare un accordo per un candidato unico – ha di fatto scelto di boicottare il voto. Sono poco più di 20 milioni gli elettori chiamati ad esprimere la loro preferenza. Il capo di Stato uscente è il grande favorito per la vittoria finale, nonostante il 75% dei suoi connazionali disapprovi la sua gestione del potere, che ha creato una profonda crisi nel Paese, penuria di cibo, acqua, medicine, elettricità e trasporti, assieme ad un aumento consistente dell’insicurezza e del costo della vita. Nei suoi ultimi comizi Maduro ha chiesto ai propri elettori di superare la soglia simbolica dei dieci milioni di voti, obbiettivo che – al di là delle possibili alchimie ministeriali – non appare facile da raggiungere tenendo conto della profonda crisi economica che le nuove sanzioni dall’estero non farebbero che aggravare.
Maduro ha insistito sul fatto che i problemi economici verranno progressivamente risolti e che nel prossimo giugno il Venezuela ricorrerà ad una non meglio specificata “conversione monetaria per garantire la stabilità del Paese”. La vittoria alle urne darebbe a Maduro la possibilità di sciogliere l’Assemblea Nazionale, dominata dall’opposizione, dopo averla di fatto esautorata grazie a un’Assemblea Costituente la cui legittimità non è tuttavia stata riconosciuta dalla Comunità internazionale. E intanto, “la gente ha perso fiducia nella protesta e nel voto. La tragedia è che i venezuelani si sentono persi e senza speranza. Siamo nel peggiore momento della crisi”, ha stimato l’analista Juan Manuel Raffalli. Quanto alle sanzioni, gli Stati Uniti hanno già vietato l’acquisto di buoni venezuelani, di Stato oppure emessi dall’ente petrolifero Pdvsa, oltre a proibire l’utilizzo della criptomoneta lanciata da Caracas, il Petro; la vittoria di Maduro probabilmente spingerà Washington – nonché la maggioranza degli altri Stati americani e l’Ue – a inasprire i propri provvedimenti, anche se un embargo petrolifero al momento non sarebbe in vista. Oltre all’opposizione interna e agli Stati Uniti, infine, anche l’Unione europea e il gruppo di Lima, un’alleanza di 14 Paesi americani e dei Caraibi, che denuncia la radicalizzazione del governo di Caracas, si sono pronunciati contro il voto che non considerano democratico né libero, né trasparente, accusando Maduro di minare la democrazia.