Sabato 29 aprile Donald Trump passerà il traguardo dei primi cento giorni alla Casa Bianca. Ma, scrivono i media americani, il presidente americano ha veramente poco da festeggiare, soprattutto perché in più di tre mesi non è riuscito a portare a termine nessuna delle promesse fatte ai suoi elettori: il divieto di ingresso ai cittadini di alcuni Paesi a maggioranza musulmana (il muslim ban) è stato bloccato due volte da due diversi tribunali. La riforma sanitaria, che avrebbe dovuto sostituire il “disastroso” Obamacare, è stata bocciata dal Camera. Il muro con il Messico potrebbe non avere il via libera dal Congresso al suo primo finanziamento, 1,4 miliardi di dollari per iniziare i primi chilometri, in un atto più simbolico che di sostanza. Un sondaggio del Washington Post e di Abc mostra come il 56% degli americani sostengano che Trump non abbia fatto abbastanza nei primi 100 giorni di governo. Certo, non è facile riuscire a portare a termine le promesse in un periodo così limitato, ma c’è da dire che rispetto ai suoi predecessori, Trump ha più volte sostenuto di aver fatto tanto e che il suo governo sta andando benissimo. Inoltre rispetto agli altri presidenti, Trump deve dimostrare di più per due motivi: nel corso della campagna elettorale ha fatto promesse su promesse. E ancora deve riscattarsi dal fatto che non ha mai avuto una esperienza politica e dimostrare che un uomo d’affari può fare meglio di chiunque altro. Il sondaggio del Washington Post dimostra anche come gli americani preferirebbero che Trump, con umiltà, chiedesse loro di avere altri 100 giorni per provare a migliorare il suo approccio, portando così a casa almeno una vittoria.
E invece, più volte nelle ultime settimane, ha risposto ai giornalisti scocciato che non c’è nulla di cui preoccuparsi perché sta andando tutto bene ed entro la fine dei cento giorni ci sarà una vittoria. Trump fa riferimento alla legge finanziaria (con la quale vuole approvare anche il primo finanziamento al muro) e a una nuova proposta di riforma sanitaria, che lo speaker della Camera, Paul Ryan, ha detto essere ancora in fase di studio. Le possibilità che entrambe passino senza alcun problema dal Congresso entro sabato 29 aprile sono molto basse. Ma non impossibili. Tuttavia anche se dovesse accadere, non cancellerebbe le difficoltà che ha incontrato. Difficoltà che non risiedono solo nell’incapacità di rendere reali le sue promesse, ma anche negli scandali, nei possibili legami con il governo russo di alcuni suoi collaboratori e ancora nella guerra interna tra l’anima dell’alt-right rappresentata da Steve Bannon e quella più conservatrice e di governo del marito di Ivanka, Jared Kushner. Ritornando ai numeri, in questo momento l’approvazione di Trump è al 43%, mentre quella di Barack Obama nei primi cento giorni è stata del 65% e quella di Ronald Reagan nel 1981 del 68%. Per trovare una performance peggiore della sua da Reagan a oggi bisogna tornare al 1993, quando Bill Clinton toccò il 55%, un numero comunque superiore alla sufficienza a differenza di Trump.
Sabato 29 aprile Donald Trump festeggerà i 100 giorni con “una grande manifestazione” a Philadelphia, ha detto il presidente su Twitter. Proprio quella sera ci sarà la cena della White House Correspondents’ Association, un evento a cui Trump non parteciperà per protestare contro il modo “ingiusto” con cui la stampa starebbe raccontando la sua presidenza. Oltre al presidente anche l’intero suo staff non andrà alla cena. Infine negli ultimi giorni Trump ha fatto un’altra promessa. Ha infatti annunciato un “grande piano” fiscale che sarà presentato mercoledì, tre giorni prima della fine dei suoi primi cento giorni. Il presidente dovrebbe svelare alcuni dettagli della riforma fiscale, un’altra promessa fatta nel corso della campagna elettorale: prima di essere eletto infatti aveva annunciato un enorme taglio delle tasse. “Voglio che Mnuchin (il segretario al Tesoro, ndr) inizi un lavoro di semplificazione”, ha detto Trump. Proprio venerdì scorso il presidente ha firmato due ordini esecutivi per indebolire il Dodd Frank Act, la riforma del sistema bancario voluta da Barack Obama nel 2010 dopo la grande crisi finanziaria del 2008.