Primi sì al decreto Lorenzin che limita le prescrizioni mediche

Arrivano i primi sì al decreto ministeriale che stabilisce nuovi limiti nella prescrizione di esami diagnostici a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Dopo i radiologi che sin dal primo momento avevano mostrato apprezzamento per l’iniziativa, oggi Lorenzin incassa l’appoggio degli oncologi. E’ di oggi la dichiarazione dei primari oncologi del Cipomo che vedono “con grande favore” e condividono i contenuti del decreto del Ministro Lorenzin “là dove regola, sulla base di ben note evidenze scientifiche, l’uso appropriato delle indagini diagnostiche in ambito oncologico”. Pur esortando “a meglio sviluppare la collaborazione con la classe medica italiana favorendo la diffusione di un reale aggiornamento scientifico”: “una migliore appropriatezza diagnostica e terapeutica – avvertono – é più efficace se perseguita attraverso un dialogo costruttivo e non mediante interventi sanzionatori di dubbia equità”. Anche il presidente dell’associazione di oncologia medica Aiom, Carmine Pinto, parlando oggi a margine di un convegno “anche noi oncologi facciamo molte cose che alcune volte non servono e che rappresentano un aggravio per il sistema sanitario nazionale – ha ammesso – ma dall’altra parte noi dobbiamo dare ai pazienti tutte le garanzie perchè gli esami e le terapie vengano garantiti allo stesso modo in tutte le aree del Paese”. In linea di massima, però, condivide l’idea di “definire percorsi per le diverse del Paese”.

In linea di massima, però, condivide l’idea di “definire percorsi per le diverse patologie: dalla parte diagnostica a quella terapeutica, alla parte delle riabilitazioni. Coinvolgendo i medici di medicina generale, in tutti i settori andiamo a definire quello che serve e quello che non serve”. E parlano anche i cittadini, con Federanziani a rappresentare la categoria che forse più viene colpita dalle nuove norme che chiede di abbassare i toni: “Abbiamo l’impressione che si stia dimenticando la cosa fondamentale, cioè che quando parliamo di sanità dobbiamo mettere al centro non tecnicismi, burocrazia o singole categorie, ma la persona umana con i suoi bisogni, la sua fragilità, facendo il possibile per garantire l’accesso alle cure e al tempo stesso l’appropriatezza assistenziale. E tutto ciò non è conseguibile se non lavorando uniti, abbassando i toni e comunicando con chiarezza ai cittadini ora confusi e disorientati” dice Roberto Messina, presidente di FederAnziani Senior Italia.

E osserva: “di fronte all’imperativo di garantire la sopravvivenza del Servizio Sanitario Nazionale senza mortificare l’autonomia delle professioni, né ledere il diritto alla salute dei cittadini, è necessario che Ministero, regioni, sindacati, medici, società scientifiche e associazioni condividano un percorso e si spendano per far capire con chiarezza ai cittadini, ignari dei tecnicismi vari, cosa sta accadendo al Servizio Sanitario Nazionale di questo Paese”, ma da parte loro, “i cittadini/pazienti per primi devono comprendere che razionalizzare le prestazioni non significa togliere salute ai cittadini, ma operare per il mantenimento di un sistema universalistico, e per consentire di adeguare l’offerta di servizi ai nuovi bisogni sanitari, prodotti anche dall’invecchiamento progressivo della popolazione, e dalle opportunità offerte dall’innovazione”. Ma pone una obiezione: “Ci chiediamo se si sia riflettuto a sufficienza sui potenziali costi che il Servizio sanitario dovrà sostenere – prosegue Messina – per esercitare un costante controllo sulle presunte prescrizioni inappropriate; non vorremmo trovarci, infatti, a spendere decine di milioni di euro in uffici ispettivi e guadagnare un pugno di mosche in termini di riduzione dell’inappropriatezza; senza tener conto del rischio maggiore, quello della compromissione del rapporto di fiducia tra medico e paziente”.

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