“Maniaci mostrava un certo disprezzo verso le forze dell’ordine e le istituzioni, al punto da rivolgere un epiteto decisamente volgare persino al Presidente del Consiglio dei ministri, dopo una telefonata in cui questi gli mostrava solidarietà per l’uccisione dei suoi due cani, inteso come atto intimidatorio”. Parla il procuratore capo del capoluogo siciliano, Francesco Lo Voi, in merito all’inchiesta che ha portato al divieto di dimora per il direttore di Telejato, tv di Partinico, Pino Maniaci, fino ad oggi inteso come vero e proprio “simbolo” dell’antimafia. Per Lo Voi, Maniaci “ha sfruttato la sua professione giornalistica e la notorietà raggiunta per effetto di alcune sue campagne di stampa. Ma soprattutto per la sua ostentata vicinanza a soggetti politici o istituzionali, magistrati, ex magistrati, parlamentari e così via. Una notorietà artatamente utilizzata dal direttore di Telejato per alcuni episodi da lui subiti relativi a vicende del tutto private e invece presentate come atti intimidatori da lui stesso subiti per effetto della sua attività antimafia”.
Un caso per tutti quello dell’impiccagione dei suoi due cani. La vendetta da parte del marito di quella che sarebbe stata la sua amante, ma che Maniaci, pur essendone consapevole, avrebbe fatto passare per atto intimidatorio al fine di godere della scorta. Maniaci, che ha alle spalle numerose accuse tra cui esercizio abusivo della professione medica, avrebbe ricevuto anche regali da quelle persone che attraverso il suo telegiornale attaccava. Come nel caso dell’imprenditore Andrea Impastato, titolare di una cava finita sotto sequestro, che offrì alla redazione di Partitico un’auto. Il nome di Maniaci è finito casualmente nell’indagine, nata del 2012, e incentrata sulle attività illecite della famiglia mafiosa Giambrone di Borgetto e condotta dai carabinieri di Partinico, coordinati dalla Procura distrettuale di Palermo. Ma non solo. Lo Voi infatti ha riferito anche che “Maniaci, oltre al denaro, chiese anche l’assunzione e il mantenimento in servizio nonostante la scadenza del contratto di una persona a lui vicina, minacciando in modo talora esplicito, talora larvato, la realizzazione di servizi televisivi che potevano mettere in difficoltà e imbarazzo i sindaci”.
“Non ci serve l’antimafia del signor Maniaci. Ci serve una antimafia pulita, trasparente con fini sociali”. E’ lo sfogo, invece, del procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi.