“Il caso Volkswagen ci obbliga a riflettere”, perché “conosco bene che la forza e la grandezza spingono quasi naturalmente un’impresa a ritenere che le regole siano sottoposte al proprio potere e non viceversa”, ma “si tratta di una violazione esercitata in un settore particolarmente delicato, che è quello dell’inquinamento, nel quale l’Europa, sotto guida tedesca, ha imposto a tutti regole severe e ha preteso di essere un esempio di coerenza e rigore”. Lo scrive Romano Prodi sul Messaggero. Parla di “un danno di immagine quasi irreparabile anche perché le disposizioni sull’inquinamento delle autovetture erano state ammorbidite dopo una lunga battaglia proprio per tenere conto degli interessi dell’industria automobilistica tedesca che, producendo modelli in media più potenti di quelli degli altri Stati, necessitava di regole meno stringenti”.
“Regole – sottolinea – che la Germania ha duramente imposto agli altri Paesi: il fatto che esse siano state pesantemente violate dalla più grande impresa germanica non può che lasciarci sorpresi e interdetti”. Siamo, rileva, “di fronte ad una situazione del tutto particolare di una politica industriale europea che è (comprensibilmente) guidata dal Paese più forte a servizio dei propri interessi ma questa stessa politica non viene poi rispettata dalle maggiori imprese del Paese stesso”. “Se uno Stato – è la critica dell’ex premier – ha la forza di imporre le politiche a proprio vantaggio bisogna che almeno abbia la stessa forza nell’imporre comportamenti conseguenti alle proprie imprese”.