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Ue, il protagonismo di Renzi va oltre i proclami. Su Russia passa linea Italia contro sanzioni

Non è la prima volta che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, rivendica le posizioni “controcorrente” prese dall’Italia durante un vertice Ue, la legittimità e il carattere europeista (e non populista) delle loro motivazioni, la determinazione con cui le ha presentate ai colleghi capi di Stato e di governo. Ma questa volta, al Consiglio europeo che si è svolto ieri e giovedì a Bruxelles, ci sono state due novità rispetto al passato: intanto, non si è trattato solo di proteste nei confronti dell'”establishment” Ue, che non vengono poi registrate nelle conclusioni ufficiali e sembrano restare quasi senza conseguenze, come era successo, ad esempio, il mese scorso al vertice informale dei Ventisette di Bratislava. Al contrario, le tracce di ciò che Renzi ha detto a questo vertice Ue sono ben visibili nel documento finale, sul tema della crisi migratoria come su quello dei rapporti con la Russia. E, seconda novità, questa volta del nuovo protagonismo del premier italiano si è accorta tutta, ma davvero tutta, la stampa internazionale; con una certa sorpresa, abituata com’è a dare per scontato che l’Italia alla fine si accoda sempre alle posizioni maggioritarie dei grandi paesi e della Commissione. L’Italia, giovedì, ha costretto il Regno Unito, la Germania, la Francia e diversi altri Stati membri a eliminare dal testo delle conclusioni del vertice la minaccia di nuove sanzioni contro la Russia, nella convinzione (sbagliata, ha affermato Renzi con forza) che avrebbero funzionato da deterrente per convincere Mosca a smettere di bombardare le città siriane per appoggiare il regime di Bashar al-Assad.

Sull’immigrazione, il documento conclusivo del vertice riconosce “il considerevole contributo, anche di natura finanziaria, apportato negli ultimi anni dagli Stati membri in prima linea” sulle rotte migratorie. Un riconoscimento che Renzi sicuramente utilizzerà per sostenere la posizione sua sulla necessità di tenere fuori dal calcolo del deficit, ai fini del rispetto del Patto di Stabilità dell’Eurozona, la spesa per le “circostanze eccezionali”, dei flussi di disperati che i barconi dei trafficanti riversano in Italia, e che bisogna gestire salvando, identificando, accogliendo i profughi e i migranti. Inoltre, si deve proprio all’iniziativa del governo italiano il nuovo approccio strategico dei “migration compact” che la Commissione europea ha adottato quattro mesi fa, con i primi risultati incoraggianti che l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune, Federica Mogherini, ha illustrato al vertice Ue. Per la prima volta, si cercano accordi “intelligenti” con i paesi di origine e di transito, in particolare in Africa, affrontando le cause profonde delle migrazioni, con programmi di investimenti strutturali nelle economie di quei paesi, oltre che collaborando strettamente con loro nella lotta ai trafficanti e nel rimpatrio dei migranti economici.

Renzi ha raccontato in modo piuttosto esaustivo, rispondendo alle domande dei giornalisti in conferenza stampa al termine del vertice, tutti i temi in cui sta affermando le ragioni dell’Italia nell’Ue, spesso contraddicendo, senza complessi, paesi membri grandi e piccoli, oltre, se necessario, alla Commissione europea. Quando sono state evocate possibili (ma improbabili) bocciature dei conti pubblici da parte della Commissione, il premier ha ricordato che l’Italia sta continuando a fare la sua parte nella crisi migratoria, mentre altri paesi restano inadempienti e non applicano le decisioni del Consiglio Ue sulle “relocation” sulle quote di rifugiati che dovrebbero accogliere. Le procedure d’infrazione non dovrebbero colpire piuttosto quei paesi inadempienti, che negano il principio stesso di solidarietà? Se ne riparlerà, comunque, fra poco più di un anno, quando si negozieranno le risorse per il quadro di bilancio comunitario pluriennale 2020-2026, e si potrà applicare a quei paesi, oggi grandi beneficiari dei fondi Ue di coesione, il concetto miserabile di “solidarietà flessibile” che loro vogliono applicare all’Italia e alla Grecia sui migranti. “Agli amici dell’est Europa diciamo che è finito il tempo degli assegni in bianco”, ha ammonito Renzi.

E poi, a chi critica il governo per uno o due decimi di punto percentuale in più nel disavanzo, il premier ricorda di aver presentato il bilancio con “il deficit più basso dal 2007, il secondo più basso degli ultimi 15 anni, più basso di tutti i governi Berlusconi, Monti, Letta, De Mita, Dini, con l’unica eccezione del secondo governo Prodi nel 2007”. Un deficit, quello italiano, che comunque è poco sopra il 2% del Pil, mentre la Francia continua a stare da anni sopra il 3% e la Spagna è ancora oltre il 5%. L’Italia, insomma, cerca di fare delle politiche di crescita, ma comunque “rispetta le regole”; mentre, guarda caso, ad andare “contro le regole europee” sono proprio “i tedeschi, con lo squilibrio del loro surplus commerciale”. Reduce dalla visita al presidente Usa Barak Obama, Renzi ha rinnovato i suoi attacchi alle politiche d’austerità, a cui ormai non crede più, nei fatti, neanche l’Esecutivo comunitari: “La cultura dell’austerità continua a far male all’Europa. Il modello di Obama ha funzionato, il modello dell’Ue no”. “L’Italia – ha proseguito Renzi – non viene in Europa a farsi dire cosa deve dire e cosa deve fare. Non si tratta di un’esibizione muscolare, ma di rispetto verso i cittadini italiani… Penso che l’Italia a testa alta è ciò che serve all’Europa. L’Italia non può venire qua e ratificare decisioni altrui”. E questo non vuol dire “una logica di scontro”, ma “non significa neanche che io non debba dire quando non siamo d’accordo. Non sono in viaggio premio, rappresento l’Italia: siamo il terzo contributore netto nel bilancio comunitario, mettiamo 20 miliardi sul tavolo e ne riprendiamo 12”, ha ricordato il premier. “Qui non si tratta di stare zitti e dire di sì, se no si fa polemica e confusione. Io non sono un Giamburrasca, ma uno che difende l’interesse nazionale che è un valore per l’Europa. L’interesse nazionale è la precondizione per assolvere al grande ideale europeo, e sfido altri capi di Stato e di governo a essere più europeisti di noi”, ha concluso Renzi.

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