“Noi catalani abbiamo dimostrato al mondo di avere la capacità e la volontà di diventare uno Stato indipendente, e il 21 dicembre dovremo ratificarlo”: lo ha affermato l’ex presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, presentando la sua lista per le elezioni regionali. Non è chiaro se Puigdemont, sul quale pende una richiesta di estradizione da parte della magistratura spagnola, rimarrà in Belgio anche durante le elezioni. Ieri intanto la Corte Suprema ha avocato a sé le indagini sugli ex ministri del governo regionale catalano, accusati di ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici: un’iniziativa che potrebbe facilitare le istanze di scarcerazione presentate dagli imputati a meno di un mese dalle elezioni regionali, alle quali molti intendono candidarsi.
La Corte Suprema (massimo organo della magistratura, fatta eccezione per le questioni costituzionali delegate al Tribunale apposito) si era infatti occupata fino ad ora delle indagini relative ai membri del Parlamento regionale catalano, ai quali erano state contestati i medesimi capi di imputazione. Contrariamente all’Audiencia Nacional, che aveva accettato in toto le richieste della procura dello Stato per la carcerazione preventiva senza cauzione per tutti gli imputati, la Corte aveva invece optato per la libertà vigilata, strategia – complici anche le imminenti elezioni – che ora potrebbe venire estesa anche ai membri del governo della Generalitat e quindi allo stesso Puigdemont. La Corte ha inoltre avocato anche il caso dei “due Jordi”, Cuixart e Sanchez, i leader delle principali organizzazioni civili indipendentiste in carcere da oltre un mese sempre con l’accusa di ribellione e sedizione; reati che implicano una azione “coordinata” di tutti gli imputati, motivo giuridico per cui i fascicoli sono stati unificati sotto l’autorità del giudice istruttore Pablo Llarena.