Qualcuno ci scherza: “si è risolto il principale quesito dell’anno”. Qualcuno la prende davvero sul serio come la presidente del senato russo Vlaentina Matvienko: “Questa decisione rimuoverà l’ansia nella società”. Di fatto l’ufficializzazione della candidatura di Vladimir Putin alle presidenziali di marzo 2018, se da una parte non sembra affatto una sorpresa, dall’altra scioglie molti nodi della politica, e ne riannoda altri. Putin è un marchio di fabbrica e una certezza per il Paese, che quando lo ha visto arrivare veniva fuori dalla violenza del capitalismo selvaggio degli anni Novanta. E oggi, alla luce di quella che sembra una rielezione sicura in base ai sondaggi, tira un sospiro di sollievo. “Non c’è nessuna notizia” afferma il direttore generale della Fondazione russa per la sicurezza energetica, Konstantin Simonov, interpellato da Askanews. “Il sistema politico senza Putin non funziona” aggiunge, pur notando che la vera posta in gioco e la vera lotta per la poltrona si sta consumando altrove: per la poltrona di premier, dove comunque può essere considerato tra i più favoriti l’attuale capo di governo Dmitri Medvedev. Secondo l’analista e politologo, il messaggio politico è fin troppo evidente. “Era sin dall’inizio chiaro – continua Simonov – che Putin non sarebbe potuto andare da nessun’altra parte. Il sistema funziona solo con lui. Quando Dmitri Medvedev si candidò alla presidenza, per entrare in carica 4 anni nel 2008, era fin scontato che si trattava di una decisione temporanea. Oggi non è così. Oggi è vitale costruire un nuovo sistema politico, nel quale Putin non ci sarà. Ma oggi, quel sistema non esiste ancora e il sistema politico attuale ovviamente non può funzionare senza di lui”.
Interessante anche capire il codice usato per avanzare la candidatura. “Putin l’ha fatto da Nizhny Novgorod, che non è neppure un caso: nel 1612 fu la città dove, nel periodo dei torbidi proprio mentre i polacchi erano fuori Mosca, si era formata la seconda milizia nazionale per combattere l’invasione”. Ossia respingere un attacco da Ovest. “Sulla Piazza rossa c’è Monumento a Kuzma Minin e al principe Dmitry Pozharsky, i leader della milizia e della vittoria sulla Polonia nel 1612. Penso che Putin abbia scelto questa città non a caso, perché proprio in questo momento bisogna trovare delle risposte alle aggressioni esterne”. E questa campagna offre molte risposte sulla politica estera, mentre non offre per ora alcun programma su quello che farà il presidente russo sul fronte nazionale. Inoltre va valutato il fatto che “Putin – spiega l’analista – ha fatto questo annuncio in una fabbrica, in questo pomeriggio, davanti a un pubblico giovane. Anche questo non è casuale. Putin di solito costruisce le sue campagne in base a concetti molto semplici: io conosco bene il popolo, io vengo dal popolo. La formula era stata già rodata nella campagna precedente: all’epoca c’era una chiara contrapposizione tra chi lavorava nelle fabbriche e chi veniva dal centro delle grandi città e andava in piazza a protestare: questi ultimi erano i cosiddetti hipster. Il formato era abbastanza organico, soprattutto dopo le grandi proteste di piazza del 2011-2012. Proprio attraverso quella campagna elettorale, la gente semplice, dalle fabbriche o dalle campagne, si era schierata contro gli hipster. La provincia aveva sostenuto Putin”. askanews