Il presidente russo, Vladimir Putin, sta cercando di influenzare le prossime elezioni presidenziali statunitensi? La domanda, dallo scorso fine settimana, sta circolando tra esperti, politici e media statunitensi, dopo la pubblicazione di 20.000 e-mail rubate dai server del Comitato nazionale democratico, ovvero l’organo di comando del partito, tra cui molti messaggi che hanno messo in imbarazzo importanti esponenti, a partire dalla presidente Debbie Wassermann Schultz, che ha annunciato le proprie dimissioni alla vigilia della convention del partito, al via oggi a Philadelphia. Dalle e-mail, pubblicate da WikiLeaks, emerge quanto l’apparato del partito democratico abbia favorito Hillary Clinton nelle primarie contro il senatore Bernie Sanders, dando credito ai sospetti circolati sin dall’inizio della campagna elettorale. Provare la fonte di un attacco informatico è molto difficile, ma per alcuni esperti interpellati da New York Times e Washington Post i server del partito sarebbero stati violati da due agenzie d’intelligence russe, ovvero le stesse che avevano in passato attaccato i server di Casa Bianca, dipartimento di Stato e dei vertici militari. Ieri mattina, la questione è esplosa: il capo della campagna elettorale di Clinton, Robby Mook, ha detto al programma ‘This Week’ della Abc che le e-mail sono state rubate e pubblicate “dai russi con l’obiettivo di aiutare Donald Trump”, citando degli “esperti”, ma senza fornire prove. Secondo Mook, i russi avrebbero buone ragioni per sostenere Trump: il candidato repubblicano ha detto, in un’intervista al New York Times, che potrebbe non aiutare nazioni appartenenti alla Nato nel caso fossero attaccate dalla Russia.
Si è trattato di un momento, per certi versi, straordinario: nemmeno nel periodo peggiore della Guerra Fredda lo staff di un candidato si era spinto fino a tali accuse. Accuse necessarie alla campagna di Clinton per mostrare che Trump non solo è un isolazionista, ma che sposerebbe un approccio morbido verso la Russia, nel caso Mosca minacciasse per esempio le repubbliche baltiche, ovvero le ex sovietiche Lituania, Lettonia ed Estonia, che si sono unite alla Nato. In passato, Trump ha anche elogiato Putin, che sarebbe “più leader” del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Putin ha, a sua volta, fatto i complimenti al candidato repubblicano. Il capo della campagna elettorale di Trump, Paul Manafort, ha respinto con forza ieri, durante la stessa trasmissione, qualsiasi connessione tra il candidato e Putin, definendo le accuse “assurde, senza basi”. Uno dei figli del candidato, Donald Trump Jr., ha detto alla Cnn di non “poter immaginare una bugia più grande”. “Se l’avessero fatto i repubblicani, ora sarebbero lì a invocare la sedia elettrica”. Potrebbero volerci anni per conoscere i nomi delle persone che hanno diretto l’attacco e i loro motivi. Si tratta, senza dubbio, di una delle più importanti operazioni di furto informatico ai danni di un’organizzazione statunitense, con implicazioni politiche imprevedibili. Trump, dopo la pubblicazione delle e-mail, ha subito commentato su Twitter che questi messaggi “mostrano i piani per distruggere Bernie Sanders. Il sistema è corrotto”.
Le ricostruzioni fatte sino ad ora, secondo il New York Times, suggeriscono che si siano messe all’opera due agenzie, apparentemente l’una non era al corrente che l’altra stesse violando nello stesso momento i computer del partito democratico. Le due avrebbero riversato i dati rubati direttamente, o tramite un intermediario, a WikiLeaks, che avrebbe scelto il momento per renderli pubblici: tra la fine della convention repubblicana e l’inizio di quella democratica. Dietro ‘la consegna’ pare ci sia l’hacker Guccifer 2.0″, che a The Intecept ha ammesso direttamente il suo coinvolgimento. Tra gli esperti di cybersicurezza citati dal capo campagna di Clinton figura l’azienda CrowdStrike, già consultata il mese scorso dal Comitato nazionale democratico per un presunto attacco hacker; questa aveva detto allora che due gruppi di hacker erano entrati nei sistemi del partito democratico, uno, in particolare tale AT28, sarebbe operato dalla GRU, l’intelligence militare russa. La convention democratica avrà, quindi, un argomento in comune con quella repubblicana: le e-mail. Quelle di Clinton sono state al centro della riunione dei repubblicani, quelle del partito democratico contro Sanders, invece, peseranno sulla convention che si apre oggi; il rischio, per Clinton, è di perdere i voti degli elettori del senatore del Vermont, già poco convinti di votare per lei alle presidenziali.