La Corea del Sud è a disagio e, mentre sollecita attraverso il suo nuovo presidente progressista Moon Jae-in una riapertura del dialogo coi cugini separati del Nord, chiede agli Stati uniti un ridisegno della sicurezza nella Penisola coreana, anche con un ritorno delle armi tattiche nucleari nel suo territorio. Lo racconta oggi il quotidiano JoongAng Ilbo. Ieri è stata una giornata importante in questo senso. Il ministro della Difesa Song Young-moo è in visita negli Usa e ha incontrato separatamente il segretario alla Difesa James Mattis e il consigliere di sicurezza nazionale di Trump, H.R. McMaster, in lunghi colloqui. Fonti hanno spiegato che nell’incontro Song-Mattis, il ministro ha espresso le valutazioni di Seoul sulla possibilità di ridefinire la sicurezza della Penisola con un ritorno delle armi tattiche nucleari americane, con la fornitura di sottomarini nucleari alla marina sudcoreana (richiesta, questa, che era stata già resa pubblica poco tempo fa), con un trasferimento del controllo operativo militare in tempo di guerra da Washington a Seoul e con l’apertura alla possibilità per la Corea del Sud di sviluppare missili avanzati, cosa che ora non le è consentita in base agli accordi con l’America. Una fonte di governo anonima, che ha preso parte alla riunione, ha spiegato che è stato Song a “fare la prima menzione della questione del ridispiegamento delle armi tattiche nucleari Usa”, portate via dalla Corea del Sud a settembre 1991.
“Song – ha continuato la fonte – ha menzionato la questione mentre spiegava la necessità di rivedere le linee guida dei missili balistici bilaterali e la necessità del dispiegamento di asset strategici Usa per offrire una maggiore deterrenza al Sud”. Da parte di Washington, al momento, ci si è limitati a esprimere “comprensione” per la richiesta. Questa affermazione del ministro sudcorerano è in evidente controtendenza rispetto a quanto l’amministrazione Moon ha dichiarato di fronte al Parlamento, quando il consigliere di sicurezza nazionale Chung Ui-yong aveva dichiarato che un eventuale ritorno delle armi atomiche Usa avrebbe tolto ogni “giustificazione per la denuclearizzazione della Penisola”. Da allora sono passati meno di dieci giorni, è successo di tutto e qualcosa potrebbe essere cambiato. Il ridispiegamento di asset strategici nucleari non è un’attività che si riesca concludere dall’oggi al domani ed è costosa. Non è quindi chiaro se, a una comprensione di principio, seguirà un’effettiva volontà di Washington di procedere. Di certo, che una richiesta del genere parta dall’amministrazione di un presidente che ha dichiarato come punto qualificante del suo programma la distensione con Pyongyang è un indice di quanto a Seoul la situazione venga considerata critica.