Qatargate, Panzeri rilasciato dai domiciliari a Bruxelles
Non sarà più sottoposto neanche al braccialetto elettronico
Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato italiano arrestato il 9 dicembre dell’anno scorso in Belgio, nel quadro dell’inchiesta cosiddetta “Qatargate”, è stato rilasciato oggi dagli arresti domiciliari, ma non potrà lasciare il Paese, né entrare in contatto con le altri persone sospettate dell’inchiesta, che è ancora in corso da parte della Procura federale di Bruxelles. Lo rivela il quotidiano belga Le Soir nella sua edizione online. Dopo aver passato quattro mesi in detenzione nel carcere di Saint-Gilles, a Bruxelles, Panzeri era stato messo ai domiciliari nella sua abitazione nella capitale belga sottoposto alla sorveglianza di un braccialetto elettronico. Ieri, la Camera di consiglio di Bruxelles ha accolto la sua richiesta di eliminare la sorveglianza elettronica.
La Procura federale ha confermato la decisione e ha puntualizzato che non presenterà appello, ma Panzeri dovrà impegnarsi a non avere contatti con le altre persone accusate nel quadro dell’inchiesta. L’inchiesta “Qatargate” è tutta basata sulle rivelazioni di Panzeri, che ha accettato un accordo con la Procura federale simile a quelli previsti dalle leggi sui pentiti italiane, e applicato per la seconda volta in Belgio. L’ex eurodeputato è accusato di corruzione, riciclaggio e guida di un’organizzazione criminale, per aver fatto da intermediario nascosto per Stati stranieri (in particolare Qatar, Marocco e Mauritania) che hanno pagato per influenzare le decisioni del Parlamento europeo.
Nel corso delle sue deposizioni come pentito, in cambio di un forte sconto di pena, Panzeri si è impegnato a rivelare tutto sulle circostanze e le persone coinvolte nella vicenda. Ha accusato, in particolare, altri quattro eurodeputati o ex eurodeputati (la greca Eva Kaili, l’italiano Andrea Cozzolino, il belga Marc Tarabella e più recentemente un’altra italiana, Lara Comi), diversi funzionari del gruppo S&D al Parlamento europeo e due sindacalisti, uno dei quali è Luca Visentini, che è alla guida della Confederazione sindacale internazionale. Le accuse del pentito non bastano comunque a incriminare le persone coinvolte, che hanno quasi tutte negato ogni addebito, e l’inchiesta della Procura federale prosegue per cercare prove circostanziate e accertare i fatti.