Cresce l’ipotesi di elezioni anticipate. Ma nessuno nel quadripartito manifesta chiaramente di voler andare alle urne. D’altronde, tutti gli alleati del governo giallorosso sono consapevoli che è un’impresa (quasi) impossibile andare avanti così fino al 2023. E, in queste ultime settimane, non sono mancate le tentazioni di un ritorno al voto. Pd e M5s in primis, essendo due partiti che rischiano in modo direttamente proporzionale alla durata della legislatura. Non a caso, non vanno d’accordo su nulla, o quasi. L’ultimo scontro in queste ore è sullo scudo penale a favore della ArcelorMittal. D’altronde, se la Tav segnò simbolicamente la fine del governo gialloverde, sull’ex Ilva si gioca la compromissione definitiva dell’esperienza Pd-Cinquestelle. Non vanno d’accordo neanche sulla giustizia, i due alleati di governo. “I Dem non facciano come la Lega che ha fatto di tutto per bloccare la mia riforma”, ama ripetere il Guardasigilli grillino, Alfonso Bonafede. Non vanno d’accordo su negozi aperti, Pd e 5stelle. Come si scontrano pure sui decreti sicurezza della Lega, e non ultimo sulla manovra.
La loro paura è varare un provvedimento che possa assottigliare ancor più i loro consensi. E qui il Pd conquista il podio. Un partito che ha perso importanti percentuali e che si sta frantumando, partorendo altri partitini: prima nasce Leu che ora rischia di scomparire; poi spunta Italia Viva, la creatura renziana che a oggi stenta a superare il 4-5 per cento di consensi; e non ultimo il partito di Carlo Calenda di cui finora i sondaggi non ne hanno traccia ma che potrebbe allearsi con +Europa per le Regionali in Emilia Romagna per dare un’altra botta al Pd. Come dire, facciamoci male da soli. Nicola Zingaretti diverse volte ha stoppato gli out out di Luigi Di Maio, sin dai primi giorni della nascita del Conte 2. La tenuta della maggioranza si lega al tema delle alleanze anche a livello locale, d’altronde, già in discussione a gennaio in Emilia Romagna e in Calabria. “Inviteremo chi ci vuol stare, speriamo che saremo in tanti”, afferma Zingaretti continuando a bussare la porta pentastellata, ma che puntualmente Di Maio continua a tenere chiusa. Insomma, cresce l’ipotesi di elezioni anticipate.
Matteo Salvini, dal canto suo, non ha più interesse a gridare “Al voto! Al voto!”, perché il tempo lavora per lui, per il suo partito, la Lega, e per i suoi alleati, Forza Italia e Fratelli d’Italia, cuocendo a fuoco lento i partiti al governo e i rispettivi leader, in particolare il “nemico” Di Maio ma anche l’”ex amico” Giuseppe Conte, costretto a destreggiarsi fra le beghe interne alla maggioranza, in particolare la mina vagante di Matteo Renzi oramai di fatto, premier del “governo ombra”. Di certo, per Conte l’obiettivo è qui e ora, far bene con questo governo. Mentre per Di Maio è tornare a vincere nelle prossime elezioni, nel redde rationem con l’ex alleato di ferro diventato nemico mortale, Salvini. Ma il tempo non gioca a favore del ministro degli Esteri nel mirino di una parte sempre più consistente del Movimento. Per non parlare che ci sono ormai due M5s, il primo che ha un capo politico e una linea che passa attraverso i canali ufficiali del Movimento, e un M5s parallelo, che spalleggia e protegge Conte e che ha la benedizione di Grillo e Casaleggio jr. Uno scenario che vedrebbe Di Maio in una strada senza uscita.