Tutti concentrati sulle Europee del 26 maggio. Tanti sperano, in particolare, che il calo di consensi del M5S continuerà e che il governo finisca per naufragare. Ci sono anche quelli che si spingono a vaticinare la scomparsa del MoVimento fondato dieci anni fa da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo. Io penso che si illudano. È vero che i 5 Stelle hanno perso consensi (anche se non mi ha mai convinto il confronto tra elezioni diverse), tuttavia quel quasi 34 per cento conquistato alle Politiche era frutto di una situazione particolare e irripetibile, provocata dalla delusione di molti elettori del PD e di FI, partiti peraltro molto simili nella visione del Paese, e dalla parziale diffidenza verso Salvini.
Ora lo scenario è cambiato. La Lega si è imposta come primo partito e ha recuperato i voti di centrodestra andati ai 5 Stelle. E anche il PD di Nicola Zingaretti ha ripreso un 2 per cento (per ora sotto le aspettative). Ma il contesto non cambia. Finché resteranno tre poli, il M5S sarà decisivo, anche se dovesse scendere a un consenso (parlo di elezioni politiche) del 20 per cento (mi sembra verosimile. Alle Europee invece i voti saranno meno ma tanto gli equilibri dell’UE non cambieranno comunque).
Lo scenario. Salvini trainerà il centrodestra ma dovrà fare i conti con Berlusconi (FI avrà comunque un 10% di voti decisivi). Governare non sarà più semplice per lui di quanto lo è ora con Luigi Di Maio. Il PD (secondo o terzo partito non conta) potrà tornare anche alle percentuali di Bersani (26%) ma sarà destinato all’opposizione. Il M5S, dunque, potrebbe essere ancora determinante. Proprio questo il PD non vede. O non vuole vedere. Cioè il fatto che il calo di voti del M5S non si traduce in un cambiamento del quadro politico. Per evitare di restare con il cerino in mano, Zingaretti dovrebbe immaginare una coalizione nuova, moderna, proiettata al futuro e un’alleanza con il M5S. Ma, per ora, i Dem mi sembrano ancora impegnati a sognare una sinistra che non c’è più nel mondo da almeno trent’anni.