Difficile oggi immaginare la Germania come un Paese-punto di partenza di flussi migratori. Ma è stato proprio così in passato. E i tedeschi non lo dimenticano. A Brema, città anseatica che nei suoi mille anni di storia fu anche sede dell`armatore tedesco Norddeutscher Lloyd – ovvero il creatore di transatlantici all`avanguardia che arrivarono a compiere la traversata dell`oceano in meno di 5 giorni all`inizio degli anni 30 – rimangono molti segni di un passato che racconta quando noi europei eravamo migranti. Uomini, donne e bambini, spesso con valigie di cartone e muniti solo della speranza di raggiungere il Nuovo Mondo dove conoscere la vera fortuna.
Enormi e velocissime navi come l`Europa e la Brema uscirono dai cantieri Norddeutscher Lloyd, imbarcazioni che più volte vinsero il nastro azzurro per la velocità di navigazione. I passeggeri si registravano dove oggi sorge un hotel, il Courtyard by Marriott Bremen, ma che all`epoca era il quartier generale dell`armatore e che ha mantenuto vivo il ricordo del passato di quel palazzo sontuoso (esponendo poster e materiali originali d’epoca), passaggio d`obbligo per depositare i propri dati e partire per le Americhe.
Secondo lo “Yearbook of Immigration Statistics 2015” americano i flussi dalla Germania cominciarono ben prima di quelli dall’Italia: 976.072 individui nel decennio 1849-1859 (34,68% del totale di 2.814.554 immigrati), mentre tra il 1879 e 1889 arrivarono a 1.445.181 persone (sempre dai porti tedeschi, ovvero il 27,53% del totale di 5.248.568, di cui poco meno di 268 mila dall’Italia). E come scriveva la data journalist Talia Bronstein in merito alle polemiche sorte nel 2017 dopo il divieto temporaneo di Trump all`immigrazione da sette nazioni a maggioranza musulmana: “Indipendentemente dalle mosse politiche future, quasi 200 anni di immigrazione suggeriscono che nessun leader o atto legislativo è in grado di fermare il diversificato flusso di immigrati verso gli Stati Uniti”.
Ma non è stata solo l`America – aspetto ancor più sorprendente dell’emigrazione dalla Germania – una destinazione. Anche l’Italia. Come è ad esempio scritto in “Napoli Cosmopolita” di Dieter Richter (Electa Napoli) nella prima metà dell`Ottocento “il cosiddetto `walz` ovvero l`obbligo di girovagare durante il periodo dell`apprendistato, faceva parte del tirocinio di ogni garzone, artigiano tedesco secondo quanto stabiliva l`ordinamento delle corporazioni. E il Golfo di Napoli per i giovani artigiani girovaghi era tanto affascinante quanto lo era per i viaggiatori del Grand tour”.
E poi ancora partirono in molti, dal porto di Brema e poi da quello della città balneare di Bremerhaven, a 70 chilometri di distanza. Provenivano da Oldenburg, Sassonia, Austria-Ungheria e Russia, in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni o dalla mancanza di prospettive: in un commovente viaggio storico dal molo di Bremerhaven verso la stazione di emigrazione Ellis Island fino alla vita da immigrato nella New York del XIX e XX secolo.
Racconta anche questo il pluripremiato Centro tedesco dell`emigrazione a Bremerhaven, più di un semplice museo: dalla sua apertura nel 2005 si è trasformato in un`istituzione di importanza nazionale che offre ai visitatori l`esperienza di cosa significhi essere un migrante. Oltre ad essere un luogo di incontro e di ricerca applicata sulla migrazione. Con una funzione educativa sia per le classi di studenti, sia per gli adulti che lo visitano, tedeschi e non. askanews