Quando le norme alimentano i rifiuti

25 marzo 2014

L’annosa questione dei rifiuti in Sicilia è stata costellata negli ultimi decenni da norme, regolamenti, commissariamenti e fiumi di denaro. Con l’indiscutibile risultato che lo scenario di mondezza è sotto gli occhi di tutti: montagne di spazzatura sparse per le strade cittadine, discariche in tilt, società che gestiscono i servizi senza mezzi, lavoratori senza stipendi, e via dicendo. Per non parlare degli affari spesso poco trasparenti che ruotano attorno a questo settore. Questo è lo scenario. Per migliorarlo, a questo punto, s’è fatta una norma. I 27 Ato sono stati sostituiti con le 18 Srr (Società per la Regolamentazione del servizio di gestione Rifiuti), che in base alla legge del settembre 2010 avrebbero dovuto occuparsi di gestire l’intero ciclo rifiuti. Le Srr, in buona sostanza, sono come gli Ato, i territori in alcuni casi coincidono, ma gli organismi di gestione e controllo sono gestiti dagli stessi sindaci del territorio (si dovrebbe risparmiare su gettoni e incarichi!).

Tuttavia, ancora non sono stati individuati tutti i nuovi soggetti affidatari del servizio da parte delle stesse Srr o dei Comuni in forma singola o associata, come previsto dalla normativa. E allora? Altra norma. E così il governatore Rosario Crocetta lo scorso 14 gennaio ha prorogato agli Ato le competenze in materia di gestione integrata del ciclo dei rifiuti. Come dire, è trascorso quattro anni dall’istituzione delle Srr, ma a tutt’oggi dell’operato di queste società non c’è traccia. E’ sempre bene ricordare l’esperienza disastrosa sotto ogni punto di vista che s’è rivelata quella degli Ato: aumento vertiginoso dei costi e dei debiti, poca trasparenza su nomine, consulenze, incarichi, poca efficienza. E non per altro, ma perché il rischio è che questa disastrosa esperienza possa ritornare in vita.

Insomma, siamo nell’eterna fase di emergenza che va avanti a colpi di norme e non di fatti. E dire che non è mai stata questione di denaro. Perché proprio nei capitoli ‘rifiuti’ ne è arrivata una quantità indefinita. E così a oggi gli Ato sono ancora in vita, sono gestiti da liquidatori e sono ancora competenti ad effettuare la raccolta della spazzatura. Ma non possono farlo perché i sindaci soci non versano le quote a copertura dei costi di personale, carburante, mezzi e discarica. Di conseguenza, i lavoratori in molti casi non ricevono gli stipendi e in molte città le strade si coprono di rifiuti. Di contro, alcuni sindaci, con procedure d’urgenza noleggiano mezzi, arruolano altro personale o affidano il servizio a ditte private.

E pensare che questa riforma degli Ato è stata varata nel 2010, come detto, e ora cominciano ad emergere alcuni limiti: l’eccessivo potere attribuito ai sindaci, la mancata previsione di adeguati poteri sostitutivi da parte della Regione in caso di omissione da parte dell’ente locale, l’assenza di una precisa normativa in materia di realizzazione dei nuovi impianti di conferimento, trattamento e riciclo dei rifiuti. La soluzione? Chissà se dal cilindro della politica non esca qualche altra norma.

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