L’inasprimento di Washington verso L’Avana, deciso dal presidente Donald Trump, ha determinato un “regresso” nelle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Cuba, ristabilite nel 2015 dopo mezzo secolo. Non usa giri di parole, il presidente cubano, Raul Castro, in merito ai rapporti tra le . “Gli annunci fatti dall’attuale presidente (…) hanno portato a un regresso nelle relazioni bilaterali”, ha sottolineato Castro nel corso della chiusura di una sessione del parlamento cubano, trasmessa in differita dalla televisione ufficiale. Il presidente americano ha inasprito i toni nei confronti di Cuba a metà giugno, in Florida, di fronte a una platea di esilitati anti-castristi, cambiando così linea rispetto al riavvicinamento avviato dal suo predecessore Barack Obama a fine 2014, mentre i rapporti tra i due Paesi erano bloccati dalla rivoluzione castrista del 1959. Secondo Raul Castro, queste nuove misure corrispondono a un inasprimento dell’embargo contro Cuba, in vigore dal 1962, e sono impregnate di “una retorica vecchia e ostile propria della Guerra Fredda”. Ha inoltre denunciato la “manipolazione” nei confronti di Cuba quando si tratta di diritti umani. “Cuba può essere orgogliosa dei successi ottenuti e non abbiamo lezioni da ricevere, né dagli Stati Uniti né da nessuno”, ha sottolineato Raul Castro durante questa sessione parlamentare a cui la stampa internazionale non ha avuto accesso. Malgrado le critiche, il presidente ha ribadito la disposizione a portare avanti un “dialogo rispettoso”, la negoziazione dei dossier “bilaterali in corso, sulla base dell’uguaglianza” e del “riconoscimento della sovranità e dell’indipendenza del nostro Paese”. Cuba ha già manifestato il suo no alla nuova politica di Donald Trump e anche il suo presidente prosegue in questa direzione, senza però superare i limiti con gli Stati Uniti.