di Antonio Angeli
“Ne resterà solo uno”: non è solo la profezia del film Highlander, ma anche l’inevitabile conclusione del “totoquirinale”, ufficialmente avviato sabato da Silvio Berlusconi con l’apertura nei confronti di Giuliano Amato. E probabilmente il prossimo inquilino del Quirinale si rivelerà un problema urgente e si inserirà prepotentemente nell’agenda del Governo Renzi. Giorgio Napolitano ha fatto capire molto chiaramente, sin dall’inizio di questo suo secondo mandato, che sulla confezione era indicata una precisa data di scadenza. E quella data è, in pratica, arrivata. I nomi sul tappeto sono tanti, a partire da quello di Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio, componente del coordinamento nazionale del Pd. Ha il pregio (raro) di piacere tanto a sinistra quanto a destra e il suo nome è regolarmente emerso nelle due ultime elezioni del presidente della Repubblica e tutte e due le volte è stato battuto da Giorgio Napolitano. Che questa volta (per forza di cose) non ci sarà.
Ma proprio nel centrosinistra Amato potrebbe trovare meno consensi di quanto immaginabile. E poi Renzi vorrebbe, con un’opera più di magia che di architettura politica, calare sul tappeto un nome che metta d’accordo i suoi, i Dem e Berlusconi. E il nome potrebbe essere quello di Roberta Pinotti (ma per molti è già “bruciata”) o meglio di Paolo Gentiloni (una volta sarebbe stato chiamato “un uomo per tutte le stagioni”), uno abituato a lavorare molto, a parlare poco, riuscendo a conciliare l’inconciliabile. Si è rivelato perfetto per sciogliere il nodo del dicastero degli Esteri e forse… Ma Renzi ha anche un debole per le donne (si parla sempre di politica) e allora un altro nome, gettonatissimo, sarebbe quello di Anna Finocchiaro, in grado di mettere pace nel partito e (forse) di non far storcere troppo il naso al Cavaliere. E la Finocchiaro potrebbe piacere anche alla pattuglia (che si ingrandisce di giorno in giorno) di fuoriusciti del MoVimento Cinque Stelle. Ma di certo non piacerebbe al gruppo che fa capo a Mario Mauro. In una cena, qualche giorno fa, i Popolari per l’Italia, più i Gal, in totale 15 senatori, due deputati e, probabilmente, un delegato regionale, hanno deciso che, in materia di Quirinale, loro non voteranno mai nessuno “compromesso” con la futura legge elettorale. E la presidente della commissione Affari costituzionali del Senato è anche relatrice del ddl “Italicum”, sulla riforma elettorale.
Così, come tutti i politici di razza, Renzi ha, oltre al piano “A” e “B”, anche un piano “C”, che si chiama Lorenzo Bini Smaghi (foto). L’illustre economista piace tantissimo al premier per alcuni importanti motivi che potrebbero supplire al fatto che non è donna: prima di tutto è fiorentino, poi, in modo tranquillo e discreto, ha contribuito a creare quel ponte Renzi-Merkel al quale il premier tiene tanto. Inoltre dal 2006 presiede la Fondazione Palazzo Strozzi a Firenze e l’Associazione dei Partners di Palazzo Strozzi annovera fra gli oltre quaranta membri: Banca Intesa San Paolo, Bank of America Merryll Lynch, Boston Consulting Group, Saatchi & Saatchi, Rocco Forte Collection e Brevan Howard. Quando si parla di poteri forti… Per questi e per numerosi altri motivi il nome di Bini Smaghi non va sottovalutato. Anche perché il capitolo “no a politici di professione”, interessa molti. A destra (e i loro voti pesano) Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha bocciato il nome di Amato (“Ma un presidente della Repubblica che non abbia passato la vita dentro i palazzi no, eh?”, chiede la leader). A loro piacerebbe una figura unificante, forte, credibile, ma soprattutto votata dal popolo. Il progetto dell’elezione diretta del capo dello Stato è da sempre uno dei motivi fondanti della destra. Quella vera. E qualcosa di più fattibile? Su Pietro Grasso si potrebbe discutere, dicono i bene informati. E Gianni Letta? (Il suo nome è emerso più di una volta). Da FdI-An, discretamente, arriva una battuta: “Magari ce casca”. E piacerebbe anche a sinistra.
Poi c’è la Lega di Matteo Salvini che, se non altro, su un punto ha le idee chiare: “Giuliano Amato è l’ultimo uomo sulla faccia della Terra che voterei come presidente della Repubblica”. Una cosa è certa, come in “Highlander”: “Ne resterà solo uno”.