Recovery, Franco: “Serve cambio di passo in uso risorse Ue”

8 marzo 2021

Un Recovery Plan da 191,5 miliardi “ambizioso ma credibile” che partirà dal lavoro fatto dal precedente governo “integrato e sviluppato” e che potrà avere un impatto anche superiore al 3% del Pil se accompagnato dalle riforme, in primis quella della pubblica amministrazione e la riforma della giustizia. Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, per la prima volta in Parlamento nella sua nuova veste, ha descritto così il lavoro in corso sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che dovrà inevitabilmente essere “rapido ed intenso” in vista della scadenza di fine aprile. “Abbiamo circa 50 giorni davanti”, ha ricordato Franco spiegando che i ministri competenti sono impegnati, partendo dal precedente piano, a verificare “tutto ciò che deve essere confermato perché fatto bene e ciò che può essere integrato e sviluppato”. La transizione ambientale, le infrastrutture, le reti digitali, l’inclusione sociale, temi centrali del Pnrr, andranno accompagnati dalle riforme che da tempo l’Europa chiede all’Italia. Franco ha citato le riforme della Pa e della giustizia più “una terza area molto importante che riguarda gli interventi di semplificazione normativa trasversale”.

Per quanto riguarda invece la riforma fiscale, il ministro ha ribadito che è “importantissima” (come l’ha definita il premier Mario Draghi è una “priorità”) ma “ragionevolmente” non può entrare nel “contesto” del Recovery Plan anche se alcuni “interventi sulle infrastrutture del Paese” del Pnrr potranno avere “effetti sul funzionamento del sistema fiscale”. Il Pnrr, ha anticipato Franco sarà gestito da “una governance robusta e articolata” basata su “un modello organizzativo su due livelli strettamente interconnessi”. Da un lato “è prevista la costituzione di una struttura centrale di coordinamento del Pnrr presso il ministero dell’Economia a presidio e supervisione dell’efficace attuazione del piano” che “sarà affiancata da un audit indipendente”. Poi “a livello di ministeri ci saranno presidi di monitoraggio e controllo sulle misure di competenza. Presidi che si interfacceranno con la struttura centrale del Mef”. Al momento al Mef, ha spiegato, “abbiamo 50 dirigenti e funzionari che si dedicano al piano ed è un numero che andrà crescendo”; quanto ai ministeri “abbiamo detto di dotarsi di strutture in tempi rapidi, che aiutino in questa prima fase e soprattutto strutture che aiutino nella fase successiva quando servirà monitorare, seguire, se del caso correggere”.

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Su tutto questo ad aprile partirà una fase di confronto col Parlamento che sarà inevitabilmente “molto rapida, molto concitata”, durante la quale “dobbiamo ascoltare e trovare insieme pragmaticamente delle soluzioni”. I tempi sono strettissimi. Dopo il 30 aprile la Commissione Ue avrà 8 settimane per valutare i piani di ciascun paese, poi il Consiglio avrà 4 settimane per la decisione finale e “questo implica che le risorse europee saranno disponibili alla fine dell’estate”, salvo l’anticipo del 13%, ha puntualizzato. Sui criteri di scelta dei singoli progetti, Franco ha rinviato alle audizioni dei ministri che si terranno nei prossimi giorni spiegando che il Mef avrà un ruolo di coordinamento e di “metodo”. Sulle infrastrutture, ad esempio, “come si scelgono le opere da realizzare è un quesito su cui si sta confrontando il ministro Giovannini e su questo c’è un’analisi costi-benefici non solo in termini economici ma anche in termini ambientali e sociali”, ha spiegato anticipando comunque che in quest’ambito “dovremmo riflettere sul rapporto tra progetti a legislazione vigente e nuovi progetti e riflettere se questa distribuzione possa essere soggetta a cambiamenti”. Sicuramente per Franco il Pnrr sarà “l’occasione per fare un deciso passo in avanti per la dotazione infrastrutturale nel Meridione e non solo nel Meridione”.

Incalzato da numerose domande da parte dei parlamentari, il ministro ha tenuto ha ricordare che il Recovery Plan non è la ricetta per tutti i nodi dell’economia e della società italiana: il Pnrr “va formulato in cinquanta giorni; sarebbe poco efficace, non ragionevole calare nel piano soluzioni che impatteranno fortemente sulla spesa corrente, sui servizi da fornire alle famiglie in futuro”. Su alcuni temi, “parliamo dell’assegno unico” per i figli, il “sistema di tassazione non possono essere affrontati efficacemente” nell’ambito di un piano che va finalizzato in questi due mesi. A chi chiedeva stime del nuovo esecutivo sulla spinta alla crescita da parte del Piano, Franco ha assicurato che con l’implementazione delle riforme “la crescita del Pil potrebbe essere più elevata” di quel “3%” (previsto dal 2026 dalla Nadef, ndr.). Il 3% è riferito infatti “all’impatto del solo piano”. “Ma la nostra crescita – ha proseguito – non dipende solo da quello ma da ogni altra politica”. Un passaggio infine sul contratto a McKinsey, anche qui sollecitato dalle domande. “Nessuna struttura privata prende decisioni o ha informazioni privilegiate riservate. Tutte le decisioni importanti sono tra soggetti pubblici”, ha garantito Franco aggiungendo che nella “sostanza” non c’è “alcuna intromissione nelle scelte”. Il ministro, che quando era Ragioniere generale dello Stato aveva dovuto incassare critiche da parte del M5S, ha concluso: “vorrei dire come ex dirigente Mef” che “mi fa piacere che le critiche sul contratto a McKinsey inducono a pensare che vi è molta fiducia sulla dirigenza statale, come ex dirigente statale ne sono molto, molto contento”.

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