Metti una sera a cena un leader temutissimo del fu Partito Comunista, l’alfiere ventennale degli ex missini, un bel po’ di nostalgici democristiani e magari anche giuristi ed ex banchieri prestati alla politica. Quello che otterrai è una manifestazione per il no al referendum. Impossibile? No. Anzi, già successo. “Merito” di Massimo D’Alema, che con la sua Fondazione Italianieuropei è ormai attivissimo nella battaglia contro la riforma costituzionale firmata da Maria Elena Boschi e ha organizzato l’ennesimo evento per tentare di smontare la narrazione renziana sui benefici delle modifiche alla Carta fondamentale. Ebbene, in platea si sono visti una serie di esponenti della società civile e della politica che più diversi non potrebbero essere. Si è rivisto, ad esempio, Gianfranco Fini, già leader di Alleanza Nazionale e da qualche tempo alla disperata ricerca di occasioni per recuperare la visibilità perduta. Non è mancato Lamberto Dini, ex premier e ministro “tecnico” con un passato un po’ a destra e un po’ a sinistra. Ha fatto capolino il giurista Stefano Rodotà, già Ds portato recentemente in auge dal MoVimento 5 Stelle, a un certo punto è comparso anche Antonio Ingroia, sempre desideroso di sbarcare in politica nonostante il flop della sua Rivoluzione Civile.
Era in sala, infine, l’orgogliosamente democristiano Paolo Cirino Pomicino. Anche gli esponenti dell’attuale Parlamento non si sono fatti pregare. E pure in questo caso ce n’era per tutti i gusti. C’era l’ex alfaniano Gaetano Quagliariello, coorganizzatore dell’evento con la sua Fondazione Magna Charta. E poi Mario Mauro (Popolari per l’Italia), il senatore di Forza Italia Lucio Malan, Pippo Civati, i bersaniani Danilo Leva e Davide Zoggia, l’ex ministro del Lavoro Cesare Salvi, i leghisti Massimiliano Fedriga e Giancarlo Giorgetti, il senatore di Gal Mario Ferrara e il giurista Guido Calvi, che D’Alema ha voluto come presidente del Comitato per il No. “Non esiste uno schieramento politico del no” ha detto D’Alema, quasi a voler prendere le distanze da compagni di viaggio così eterogenei, “questa è la differenza fondamentale in questa campagna referendaria. Esiste invece un blocco governativo del sì, il cosiddetto partito della nazione, che coincide con la maggioranza di governo e che è sostenuto dai cosiddetti poteri forti del Paese”. “Uno schieramento coeso, minaccioso, che lancia insulti che non dovrebbero appartenere al confronto – ha aggiunto D’Alema -. Talmente minaccioso che ha avviato la campagna minacciando la fine del mondo se dovesse vincere il no, alimentando un clima di paura e intimidazione”. A Fini qualche perfido giornalista ha chiesto se la sua presenza in quella sala, al fianco di D’Alema, non costituisse alla fine uno spot a favore di Renzi: “Questo lo dice il premier – ha risposto l’ex leader di An – perché non ha altri argomenti”.